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I primi segni dell’Alzheimer, almeno del tipo ereditario, si possono vedere gia’ a 20 anni, due decenni prima che inizino i problemi cognitivi. Lo affermano due studi pubblicati dalla rivista Lancet Neurology, effettuato su una famiglia allargata colombiana di 5mila persone.

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In tutto il pianeta sono 35,6 milioni le persone affette dal morbo di Alzheimer, un numero destinato a raddoppiare entro il 2030 e a triplicare entro il 2050.

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L’Alzheimer ha i suoi sintomi peggiori quando si sviluppa fra persone che sono tra i 60 e i 70 anni.

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Il Ritalin, usato per curare i deficit di attenzione nei giovanissimi, potrebbe alleviare uno dei sintomi più comuni dell’Alzheimer, l’apatia.

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Una terapia per l’Alzheimer si è dimostrata efficace nello stabilizzare i sintomi della malattia per un periodo di 3 anni. 24 partecipanti sono stati trattati con una dose standard di immunoglobulina intravenosa (IVIG) per un periodo totale di 6 mesi di trattamento e un follow up fino a 36 mesi, senza riportare declini nella memoria, capacità cognitive e umore.

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Scoperta una mutazione genetica che può aiutare naturalmente a prevenire l’Alzheimer. La mutazione, la prima mai trovata che protegge dalla malattia, risiede in un gene che produce le App (amyloid-I precursor protein) che hanno un ruolo sconosciuto nel cervello e sono da tempo sospettate di essere responsabili della patologia.

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Le infiammazioni croniche possono predisporre il cervello all’Alzheimer. La ricerca dell’Università di Zurigo è stata pubblicata sulla rivista “Journal of Neuroinflammation”. Gli scienziati hanno studiato il modo in cui cambiamenti nel sistema immunitario, simili a
quelli che si registrano quando c’è una grave infezione virale, possono avere effetti sullo sviluppo dell’Alzheimer nei topi.

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Un gruppo di ricercatori ha gettato nuova luce sulle proprietà strutturali della C99, una regione della proteina amiloide che, spaccandosi, rilascia i peptidi che sono associati con l’Alzheimer.