Professore Piero Barbanti: "Non mandiamo in 'pensione' il nostro cervello"

Lavoro, elisir di lunga vita. Ritardare la pensione allontana le malattie neurodegenerative

di oggisalute | 14 aprile 2014 | pubblicato in Cure e terapie,Prevenzione,Ricerca
fantozzi

Non tutti i mali vengono per nuocere. Abbiamo scoperto che in tempi di crisi si mangia meno e si vive quindi di più, adesso sappiamo anche che l’innalzamento dell’età minima per la pensione ci consente di vivere meglio e più a lungo. A dirlo non è il governo, no, ma uno studio dell’Istituto di psichiatria del King’s College di Londra, condotto su 1.320 pazienti affetti dal morbo di Alzheimer. Quelli che avevano abbandonato più tardi l’attività lavorativa si sono ammalati molto dopo rispetto ai “baby pensionati”: i ricercatori hanno calcolato che rispetto alla media ogni anno di lavoro in più equivale a sei settimane di neuroni protetti dalle malattie.

La riserva cognitiva e il nostro patrimonio di sinapsi crescono nel corso del tempo, la nostra vita è sempre neurologicamente in divenire: chi usa il cervello, anche per lavorare, si mantiene quindi più giovane e attivo. “Non dobbiamo ‘mandare in pensione’ il nostro cervello – afferma Piero Barbanti, neurologo dell’Istituto San Raffaele Pisana – per almeno tre buoni motivi: di comportamento, di affettività e di cognitività“.

Per quanto riguarda il primo aspetto, si può dire che il lavoro è ritmo: “Il nostro cervello – spiega il professore – come una macchina che non tiene il minimo e si spegne a un incrocio, va meglio quando è in funzione. Il secondo motivo – continua – è quello dell’affettività: il lavoro è in grado di incanalare lo stress e in parte di educarlo. Certo alcuni lavori lo provocano, ma lo stress di origine familiare, per esempio, può trovare nel lavoro una sua fisiologica estinzione. Il terzo aspetto è quello cognitivo: quando lavoriamo non solo competiamo positivamente con gli altri, ma dovremmo competere con noi stessi alzando volta per volta l’asticella delle prestazioni. E questo, cognitivamente, è sviluppo continuo“. Naturalmente tutto questo vale finché il lavoro risulti piacevole, caratterizzato da rapporti professionali piacevoli, venga ricompensato adeguatamente e non sia quindi svolto controvoglia.

Per tutto ciò, è consigliabile posticipare la pensione per posticipare anche le malattie neurodegenerative. Chissà cosa rischiano quei poveri disgraziati che ricevono più pensioni contemporaneamente, immagino che nessuno vorrebbe essere nei loro panni!

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