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Anna finlandese controcorrente,
grant dell’Ue per i suoi studi in Italia

di oggisalute | 6 dicembre 2018 | pubblicato in Attualità
Anna Kajaste

E’ arrivata a Milano un giorno di novembre di 12 anni fa, “buio, freddo e denso di nebbia”. Non è stato l’impatto più morbido, “ma questa è una città che si lascia scoprire e apprezzare piano piano. E’ più timida, non immediata come Roma, Venezia, Firenze”. E per Anna Kajaste-Rudnitski, 38 anni, nata in Finlandia, capo gruppo di ricerca all’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (SR-Tiget), alla fine è diventato il luogo in cui ha “vissuto più a lungo”. E dove continua a vivere e portare avanti i suoi studi. Con risultati che le hanno consentito di aggiudicarsi uno dei ‘Consolidator grant’ assegnati a fine novembre dal Consiglio europeo della ricerca (Erc) a 291 ricercatori di 40 Paesi per un finanziamento totale di 573 milioni di euro.

I grant dell’Erc sono fra le borse più ambite dai camici Ue, per ogni scienziato significano un’iniezione di fondi pari a quasi 2 milioni di euro per 5 anni. L’Italia per numero di ‘Consolidator’ ricevuti dai suoi cervelli (35) è seconda sul podio dopo la Germania, ma scende all’ottavo posto per quantità di progetti ospitati sul territorio. Se 2 connazionali vincitori su 3 sviluppano i loro lavori oltreconfine, Kajaste-Rudnitski è una delle poche scienziate straniere premiate che ha scelto di farlo nel Belpaese. Controcorrente, nella vita e negli studi.

Perché una virologa si occupa di studiare l’interazione tra l’organismo e i patogeni durante un’infezione per capire come migliorare la difesa dagli attacchi di nemici invisibili. E inizialmente, arrivata all’Irccs San Raffaele di Milano, Kajaste-Rudnitski faceva proprio questo: “Studiavo – racconta all’AdnKronos Salute – l’immunità innata e le risposte immunitarie delle cellule contro il virus dell’Hiv, con l’idea di sfruttarli per combattere l’infezione”. Oggi si ritrova a fare esattamente il contrario. La sua conoscenza dei virus e delle strategie di difesa del sistema immunitario la utilizza per migliorare le tecniche di terapia genica. “Perché questi approcci terapeutici siano efficaci – spiega – virus che normalmente vorremmo tenere fuori dal nostro organismo, come appunto l’Hiv, tra i più usati come vettori virali, una volta modificati devono invece entrare con successo nelle cellule prelevate dal paziente”.

Nel caso della terapia genica, infatti, “questi virus vengono svuotati del materiale genetico virale, resi innocui e trasformati in mezzi di trasporto per consegnare il gene terapeutico”. Il nostro organismo si è però adattato nel corso dell’evoluzione per difendersi dai patogeni e ha sviluppato una serie di strategie molecolari che riducono la loro capacità di infettare le cellule. L’obiettivo del lavoro di Kajaste-Rudnitski e dei suoi collaboratori – che ora potrà ulteriormente consolidarsi – è proprio quello di svelare queste strategie di difesa e “imparare a usarle a nostro vantaggio. Non solo mettendole momentaneamente in stand-by per aumentare l’efficacia della terapia genica, ma anche rafforzandole per aiutare l’organismo a combattere le infezioni virali, o ancora controllandole quando sono attivate in modo aberrante, come accade in molte malattie autoimmuni”.

Il progetto grazie al quale si è aggiudicata il grant europeo punta proprio al miglioramento dell’efficienza con cui la terapia genica corregge il difetto genetico nelle cellule dei pazienti. Un risultato che potrebbe aumentare il numero di patologie affrontabili con questo approccio avanzato e ridurre i suoi costi, oggi ancora molto alti. Inizialmente l’Italia per la scienziata nordeuropea è stata una “scelta più di cuore, dettata da motivi personali”, poi è diventata la ‘casa’ delle sue ricerche. Kajaste-Rudnitski è una “cittadina del mondo”, con un’anima “cosmopolita”. Ha sempre viaggiato. Per via del mestiere della madre ha vissuto in diversi Paesi – “3 anni a Oslo in Norvegia, 6 mesi in Ucraina” – e poi si è trasferita in Francia dopo il liceo.

“Da sempre affascinata dai virus”, ha studiato all’Université Pierre et Marie Curie (Upmc) di Parigi e svolto il dottorato all’Institut Pasteur in un laboratorio che studia i flavivirus come Dengue, West Nile o Zika. Nel Belpaese è arrivata giovanissima nel 2006. “Non ci ero mai stata e non parlavo una parola d’italiano”, ricorda. “Ma nella vita si fa tutto”. E del resto Kajaste-Rudnitski di lingue ne parla 7, “di cui 4 fluentemente”. Milano “per me è stata una bella scoperta”. Il San Raffaele “era già noto a livello internazionale come centro di eccellenza” e andarci a lavorare diventa il suo obiettivo. Ci riesce. E poi nel 2012 si sposta al SR-Tiget, dove a 32 anni avvia il suo gruppo di ricerca indipendente.

“Cercavo un’opportunità di autonomia e ho cambiato un po’ il mio campo di ricerca – dice – Ero convinta che le mie competenze potessero essere sfruttate, del resto i vettori assomigliano ai virus. Quando sono arrivata al SR-Tiget non conoscevo a fondo le cellule staminali, la terapia genica era un mondo nuovo e spero di aver portato qualcosa anch’io dalla mia prospettiva”, osserva. L’iter è stato quello che accomuna qualsiasi ricercatore, dal precariato fino a una maggiore stabilità e alla possibilità di avere un proprio gruppo di ricerca. Oggi Kajaste-Rudnitski coordina 8 persone in totale, tutti italiani. “C’è sempre un po’ di turnover di studenti in dottorato, che finiscono il loro periodo e vanno via come è giusto che sia, affinché la loro carriera si evolva”.

All’estero “magari le opportunità saranno di più – riflette – ma spesso le persone vanno fuori con l’idea di tornare”. Lei, finlandese a Milano, si è ritagliata il suo posto. Ha un compagno e definisce casa “il luogo in cui sto bene. Ora qui non c’è motivo che cambi. Anche se vengo da una famiglia in cui non si dà eccessivo peso al valore del radicamento e da un Paese in cui il mercato del lavoro è flessibile e il posto fisso non esiste, inteso come mettere radici e non muoversi più”. Il segreto per vivere bene all’estero è “comprendere le differenze culturali e sociali, che ci saranno sempre inevitabilmente, e accettarle. Io ho sempre avuto grande voglia di andarmene, sono curiosa e mi piace scoprire – confida – In Finlandia ci vado volentieri in vacanza dalla famiglia. A volte mi mancano la natura e certi cibi particolari, ma essendo cresciuta in ambiente cosmopolita non sento l’esigenza di tornarci a vivere”.

E poi c’è la passione per la ricerca, “altro non vorrei fare – assicura – Mi dà soddisfazioni tutti i giorni e mi ritengo fortunata”. Le emozioni non mancano al SR-Tiget diretto da Luigi Naldini. “Quando i pazienti tornano nel centro per un saluto, tutti, dai medici al personale in segreteria, si commuovono nel vederli stare bene. La ricerca di base qui assume un’importanza traslazionale molto forte e vedere qualcosa che passa allo sviluppo clinico, contro malattie molto gravi che spesso riguardano pazienti piccoli, non succede tutti i giorni”. Quanto al futuro le aspettative sono alte: “Il Consolidator grant dà continuità e sicurezza economica per poter ambire a progettualità più rischiose, che richiedono tempo e non si affronterebbero con finanziamenti più brevi – conclude Kajaste-Rudnitski – Spero di poter scoprire qualcosa di nuovo con una potenziale ricaduta reale. Come è successo di recente: col mio gruppo abbiamo dimostrato che una particolare molecola migliora il successo del trasferimento genico tramite vettori lentivirali nelle staminali del sangue”.

(Fonte: Adnkronos)

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