Al via la Settimana del benessere sessuale

Italiani e sessualità, l’esperto:
“Indietro nell’educazione”

di oggisalute | 28 settembre 2015 | pubblicato in Attualità
educazione sessuale

Come è cambiata la sessualità degli italiani negli ultimi anni e quali sono i nuovi approcci che muteranno il quadro sociale nel nostro Paese. Questi e altri gli argomenti che saranno affrontato nel corso della seconda Settimana del benessere sessuale, organizzato dalla Fiss, Federazione italiana sessuologi italiani, che si terrà in tutta Italia da oggi al 3 ottobre con conferenze e consulenze gratuite.

Roberta Rossi, presidente della Fiss, docente di Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale all’Università di Roma La Sapienza, ha risposto ad alcune domande sull’argomento, anche alla luce dei nuovi farmaci che si affacciano sul mercato.

Riguardo l’educazione sessuale, in Italia si è parlato spesso di introdurla fra le attività scolastiche. Chi pensa ne avrebbe maggiore bisogno e perché?

“L’educazione alla sessualità è una materia di insegnamento in molti paesi europei. In Italia manca una legislazione che permetta di definirne i contenuti e le modalità, nonostante esista un grande bisogno di conoscere come siamo fatti, cosa significa la prevenzione, come possono essere gestiti al meglio i rapporti tra le persone in una relazione. In breve, i diversi aspetti della vita che ci riguardano ma che vogliamo far finta siano legati alla naturalezza della sessualità e non ad un comportamento che possiamo imparare a comprendere nelle sue diverse sfaccettature. Fare educazione sessuale non significa dire ai ragazzi e alle ragazze di masturbarsi, come chi  ideologicamente è contro l’educazione alla sessualità continua a dire. Manca purtroppo un confronto dialettico con queste istanze conservatrici che non consente di individuare limiti e potenzialità di un intervento di questo tipo. Censurare non serve, anche perché siamo pieni di messaggi più o meno espliciti sulla sessualità che, se non veicolati, rischiano di alimentare ignoranza e pregiudizi. L’educazione alla sessualità dovrebbe essere quindi intesa come un momento di approfondimento scientifico e confronto su diversi temi che riguardano la salute sessuale e i rapporti affettivi. Momenti che possono essere destinati a tutti con linguaggi diversi, adattabili alle esigenze specifiche delle diverse fasi della vita”.

In Italia si registra una escalation di violenze sessuali anche in famiglia, crede che la mancata educazione sessuale possa considerarsi uno dei fattori?

“In questo senso entra un discorso di educazione alla sessualità  che fornisca strumenti per imparare a negoziare anziché a prevaricare, che comprenda anche il rispetto del diverso da me, la possibilità di comprendere che dire ‘no’ non significa ti rifiuto, ma che ‘questa cosa che mi proponi non mi piace'”.

Disabili e sessualità: è un problema veramente sentito in Italia? 

“E’ certamente sentito da chi è coinvolto nella situazione, quindi le famiglie dei ragazzi disabili, gli operatori che ci lavorano. Per il resto della società, la disabilità è un argomento che preferiamo non prendere in considerazione, che lasciamo volentieri a chi lo affronta quotidianamente. La recente proposta di legge  sull’assistente sessuale sarebbe un primo passo, a patto che tutto che non diventi uno dei tanti business con scarsa efficacia per chi ne potrebbe usufruire”.

Il nuovo farmaco per la libido femminile, il flibanserin, ha già sollevato polemiche. Come pensa reagirà la popolazione femminile italiana?

“Si tratta di un nuovo farmaco a base non ormonale destinato a quella parte della popolazione di donne che vive la diminuzione o assenza di desiderio in una particolare fase della vita, come premenopausa e menopausa, a causa dei cambiamenti ormonali. Una novità quindi in campo farmacologico, ma soprattutto per le donne, visto che la ricerca si è sempre molto concentrata sui presidi farmacologici al maschile, quasi a confermare l’importanza di una vita sessuale soddisfacente solo per l’uomo. Spero che le donne accolgano bene questa opportunità, ovviamente non pensando di risolvere tutto con un farmaco ma inserendo questo utilizzo all’interno di un contesto di relazione che sia gratificante e soddisfacente”.

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