L'Oms propone "l'invecchiamento attivo"

Crisi della terza età, come scongiurare
i rischi della solitudine

di federica di martino | 9 gennaio 2015 | pubblicato in Attualità
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Durante il congresso annuale dell’American Association for the Advancement of Science lo psicologo John Cacioppo ha presentato i risultati di una interessante ricerca sul rapporto tra solitudine e terza età, mettendo in evidenza che  il senso di isolamento aumenta del 14% il rischio di morire prematuramente, circa il doppio rispetto a quello dell’obesità e non molto diverso da quello delle difficoltà finanziare, che aumentano tale rischio del 19%.

Nel 2002 l’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha proposto il concetto di “invecchiamento attivo”, riconoscendo nell’età adulta una normale fase della crescita e dello sviluppo dell’individuo. Questa rivalutazione risulta fondamentale, soprattutto alla luce di una visione psichica legata alla produttività, in cui l’anziano non risulta più attivo all’interno della società.

Tuttavia, anche a fronte di una crescita sempre maggiore dell’aspettativa di vita, anche le prospettive di miglioramento per la terza età risultano evidenti. Centri di aggregazione, attività relazionali, sembrano fornire un valido strumento per affrontare al meglio questa fase della propria vita.

Come mai allora emergono elementi dominanti legati alla solitudine? La condizione principe coinvolge anzitutto il nucleo familiare primario. Fattori come la perdita del coniuge, contribuiscono a creare un vuoto nell’individuo che risulta incolmabile; inoltre ad essa si associaziono elementi come l’allontanamento dei figli per cause lavorative o familiari, che contribuiscono a diminuire considerevolmente l’impegno profuso negli anni precedenti. Altro elemento fondamentale è quello del pensionamento, tappa obbligata per molti anziani, che corrisponde, anche a livello simbolico, alla conclusione di elementi legati alla produttività e generatività attraverso l’attività lavorativa. Infine, la presenza di disturbi più o meno legati all’invecchiamento, contribuiscono a ridurre considerevolmente il senso di autonomia.

Cosa fare per migliorare le condizioni di vita nella terza età? La famiglia assurge a nuova possibilità per la storia di vita dell’anziano. Coinvolgere la persona nella cura di eventuali nipoti contribuisce ad inserire il soggetto in una realtà sociale che lo spinge a prodigarsi per gli altri, rivestendo un ruolo attivo nel nucleo familiare. Il rischio di disagi psichici, legati prevalentemente ad elementi depressivi, può essere in tal modo scongiurato. Inoltre, per chi gode di autonomia fisica, può essere importante l’inserimento in attività sociali con i pari, tali da favorire la socializzazione e l’interesse per nuove attività.

La terza età appartiene, storicamente e culturalmente, ad elementi di maturità e saggezza, che vanno esaltati e non sviliti, nell’inserimento dell’individuo che siano capaci di valorizzarne i punti forti. 

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