Tiroide
Prevenire è meglio che curare. Ovvio, no?

di oggisalute | 18 maggio 2013 | pubblicato in Attualità,Prevenzione
Tiroide 2

“La parola d’ordine è prevenzione”, dichiara Francesco Trimarchi, presidente eletto della Società Italiana di Endocrinologia (SIE), “perché con 6 milioni di italiani colpiti da una malattia della tiroide e, i casi di tumore cresciuti di oltre il 200 per cento, quindi più che raddoppiati nell’ultimo ventennio, e quelli di tiroidite di Hashimoto triplicati, è necessario alzare la soglia di attenzione nella popolazione e tra i medici perché si intervenga appropriatamente e precocemente. Anche perché le malattie tiroidee, se diagnosticate nella fase iniziale, possono essere trattate con successo. Un controllo specialistico e un esame del sangue possono prevenire le importanti complicanze cardiovascolari, ossee e metaboliche che anche una lieve disfunzione tiroidea, se non riconosciuta ed adeguatamente trattata, può determinare; inoltre la prevenzione è semplice e poco costosa: la profilassi iodica costa 1 euro a persona e la spesa sanitaria per diagnosi e cura di malattie prevenibili costa 6 euro.”

I disturbi tiroidei crescono progressivamente nelle varie fasce di età fino a raggiungere la massima diffusione nei 55-64 anni, specie per l’ipotiroidismo, per poi decrescere. Le donne soffrono di disturbi tiroidei da 5 a 8 volte più degli uomini: in media una donna su otto sviluppa un disturbo tiroideo nel corso della vita e dal 5 all’8 per cento dei casi, ciò avviene dopo una gravidanza.

Promossa dall’Associazione Italiana della Tiroide (AIT), dall’Associazione dei Medici Endocrinologi (AME), dalla Società Italiana di Endocrinologia (SIE), e dalla European Thyroid Association con il patrocinio del Ministero della Salute insieme al Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini (CAPE), la Giornata Mondiale della Tiroide 2013 ha l’obiettivo di far conoscere il ruolo di questa ghiandola e l’importanza della prevenzione per tutte le numerose malattie che possono colpirla.

“La Giornata Mondiale della Tiroide – afferma Anna Maria Biancifiori, presidente Comitato Associazioni pazienti Endocrini, (CAPE) – è accompagnata dalle iniziative organizzate su tutto il territorio in occasione della Settimana della Tiroide (18-25 maggio): incontri divulgativi con la popolazione, screening gratuiti, distribuzione di materiale informativo sulla iodoprofilassi e sulle malattie della tiroide e sul ruolo del sale iodato nella prevenzione. E ancora, convegni dedicati ai medici specialisti per approfondire e condividere le esperienze cliniche e favorire il dialogo medico-paziente, con il ruolo crescente delle associazioni dei pazienti che vogliono essere coinvolti nelle scelte relative alla gestione di queste malattie. CAPE ringrazia Coop che ha garantito la distribuzione di una brochure informativa, realizzata in occasione della Settimana, nei 110 corner Coop Salute presenti in altrettanti punti vendita”.

“La tiroide è una specie di ‘centrale elettrica’ del nostro corpo – spiega Paolo Vitti, segretario generale Associazione Italiana della Tiroide (AIT) – e se qualcosa in questa ghiandola non funziona tutto il corpo ne risente perché questo organo, a dispetto della sua piccola dimensione, controlla il metabolismo e le sue principali funzioni quali il battito cardiaco, lo sviluppo del sistema nervoso centrale, l’accrescimento corporeo, la pressione arteriosa, il livello di colesterolo, il peso, la forza muscolare, l’acutezza mentale, la parola, la vista, le condizioni della pelle e dei capelli e tante altre ancora. Per funzionare bene la tiroide ha bisogno di iodio e nei casi di insufficiente apporto di questo elemento si possono avere manifestazioni cliniche diverse quali l’aumento del volume della tiroide, più noto come gozzo, e la formazione di noduli tiroidei. I noduli tiroidei sono nella grande maggioranza dei casi benigni, ma impongono al medico l’obbligo di escludere la presenza di una neoplasia maligna, che tra l’atro è la più frequente tra i tumori del sistema endocrino e costituisce circa l’1 per cento di tutti i tumori”.

“Lo screening ecografico della popolazione adulta rileva che dal 30 al 50 per cento delle persone esaminate presenta noduli tiroidei”, aggiunge Enrico Papini, responsabile scientifico Associazione Medici Endocrinologi (AME). “Sono più frequenti nel sesso femminile e nelle aree con deficit di iodio, anche se di grado lieve, come molte regioni dell’Italia. L’assoluta maggioranza dei noduli tiroidei è benigna e solo il 5 per cento rappresenta un tumore. In caso di noduli iperfunzionanti la terapia di elezione (con l’esclusione della gravidanza) è il trattamento con radioiodio. Nei noduli non funzionanti, dopo la definizione della loro natura benigna, nella maggioranza dei casi non è in genere necessario praticare alcuna terapia. È necessario comunque ricordare che l’uso del sale iodato, assunto fin dall’infanzia, costituisce la migliore prevenzione dello sviluppo di gozzo o di noduli tiroidei”, conclude Papini.

“Durante la gravidanza – spiega Francesco Trimarchi – la tiroide è costretta ad aumentare di circa il 50 per cento la produzione dell’ormone tiroideo dal momento che il feto, fino alla 12° settimana, è privo di una sua tiroide ed è la mamma a dover supplire e trasferire, oltre allo iodio assunto con gli alimenti, la quota di ormone necessaria alla crescita e garantire lo sviluppo del sistema nervoso centrale. Tutte le tappe dello sviluppo del sistema nervoso centrale, da quelle più precoci a quelle più tardive sono sotto il controllo degli ormoni tiroidei prima materni e poi materni e fetali. Quindi, aggiunge l’esperto, prima di iniziare una gravidanza il consiglio è di assumere iodio in quantità sufficiente e di verificare il buon funzionamento della tiroide per garantire al bambino un apporto di iodio e ormoni tiroidei sufficienti all’armonico sviluppo del suo sistema nervoso e della sua intelligenza”.

“Quando la tiroide non funziona lo può fare per difetto o per eccesso”, chiarisce Gianfranco Fenzi, presidente Associazione Italiana Tiroide (AIT). Le cause di un funzionamento per difetto sono diverse: carenza di iodio, malattie autoimmuni della tiroide, esiti di intervento chirurgico o assunzione di iodio radioattivo, gozzo e noduli tiroidei. “L’ipotiroidismo è spesso non diagnosticato a causa di una sintomatologia aspecifica e spesso viene diagnosticato casualmente. La terapia dell’ipotiroidismo si basa sulla somministrazione di levotiroxina (T4), assunta in singola dose giornaliera a digiuno, con dosaggio da calibrare attentamente persona per persona. La levotiroxina va assunta 30-40 minuti prima della colazione, considerando che latte, caffè, fibre, soja e cereali possono ridurne l’assorbimento. Oggi – conclude Fenzi – oltre alle compresse di levotiroxina (T4) esistono altre forme (liquido monodose, gocce) che possono facilitare l’assunzione e hanno un miglior assorbimento intestinale”.

“Il morbo di Basedow è invece la causa più frequente di ipertiroidismo nell’adulto in zone con normale apporto iodico”, illustra Luigi Bartalena, segretario della European Thyroid Association. L’ipertiroidismo è una malattia spesso fortemente sintomatica, caratterizzata da tachicardia, tremori, dimagrimento anche marcato pur con appetito conservato, talora con diarrea, aumento della sudorazione, intolleranza al caldo, ansia, nervosismo, insonnia. In circa il 25 per cento dei pazienti basedowiani è presente un coinvolgimento oculare che prende il nome di orbitopatia basedowiana. Questa malattia è caratterizzata, nelle sue forme conclamate, da un segno molto evidente, la sporgenza degli occhi (esoftalmo) che si accompagna a fastidiosi disturbi irritativi, quali lacrimazione, sensazione di sabbia, dolore, fotofobia, spesso da invalidante diplopia (sdoppiamento dell’immagine) e, nei casi più gravi, da un coinvolgimento del nervo ottico che rappresenta una condizione di rischio per la vista del paziente. “Fortunatamente le forme gravi sono una minoranza, ma anche le forme lievi comportano una marcata compromissione della qualità della vita”, dice ancora Bartalena.

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