Sanità, da scarso a mediocre
il grado di soddisfazione dei siciliani

di oggisalute | 7 gennaio 2015 | pubblicato in Attualità
fsi

I cittadini siciliani sono insoddisfatti dei servizi sul piano dell’assistenza sanitaria ospedaliera e domiciliare della regione. E’ quanto risulta da un’indagine promossa e condotta dalla Fsi-Cni Sicilia che mette in luce una serie di elementi negativi e punti di criticità, molti già noti e più volte denunciati dal sindacato: lunghe liste d’attesa, scarsa assistenza nel territorio, criticità dei pronto soccorso e dei reparti, della pulizia dei locali, emergenza con carenza di personale infermieristico, medico e sanitario, reparti chiusi, posti letto esauriti, barelle ovunque, pronto soccorso diventati luoghi di aggressioni nei confronti di Infermieri e medici, assenza di strutture d’eccellenza che possano rallentare i viaggi della speranza, nonostante il lodevole impegno di Infermieri e medici.

Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare la customer satisfaction dei pazienti e dei loro parenti, cioè il grado di soddisfazione dei cittadini siciliani, subito dopo la dimissione da diversi reparti e ospedali, da noi presi in considerazione sulla popolazione globale che comprende le 17 aziende sanitarie-campione, ospedaliere e universitarie presenti in Sicilia, per una media di 100 soggetti, tra pazienti dimessi e i loro parenti accompagnatori per ciascuna azienda, per un totale di 1.700 campioni, intervistati all’esterno della struttura ospedaliera subito dopo la dimissione, soggetti di età superiore ai 18 anni. Nell’arco temporale dal 4 novembre 2013 al 17 dicembre 2014 su tutto il territorio regionale. Il dato complessivo tuttavia risulta fortemente diversificato a seconda delle province, assistenza scarsa negli ospedali dell’entroterra e nei pronto soccorso delle grandi città.

La quota di cittadini insoddisfatta (voto scarsa) è stata del 37%, valutata sufficiente il 7%, e la novità è il 2% di cittadini che hanno valutato buona l’assistenza. Nessun eccellente. Dati che sono confermati da un’indagine Istat del 2012: giudizio negativo su servizi igienici, professionalità medico-sanitaria, strutture, liste d’attesa e rapporto paziente-medico. E ancora, secondo il rapporto “La crisi sociale del Mezzogiorno”, divulgato da Censis nel 2013, 1 siciliano su 3 è insoddisfatto e secondo la Relazione “Oasi 2012” dell’Università Bocconi la insoddisfazione dei siciliani verso la sanità è al 62,2%, bocciando la qualità della sanità siciliana, contro un più modesto 23,3% di ‘scontenti’ delle altre regioni”.

“Non è solo la preparazione dell’Infermiere, del medico e del personale sanitario ad elevare il grado di soddisfazione del cittadino  – dichiara Gisella Vecchio (dirigente sindacale Fsi-Cni Catania) – Dalle indagini, infatti, si deduce un quadro in cui il ‘fattore umano’ legato al rapporto con il personale sanitario appare più che sufficiente in tutta la regione, mentre è carente ciò che dipende dall’organizzazione e dalla struttura”. “Le scelte fatte negli ultimi anni dai vari Governi Regionali – precisa Calogero Coniglio, segretario regionale dell Fsi-Cni Coordinamento Nazionale Infermieri aderente alla Federazione Sindacati Indipendenti e Delegato Regionale della Fsi –  succedutesi non hanno assicurato livelli essenziali di assistenza ed hanno contribuito ad aumentare il divario con le regioni virtuose del Nord, rendendo la sanità siciliana  poco efficace, scarsamente efficiente e sprecona”.

Per quanto riguarda il personale della sanità, c’è uno spreco 1,4 miliardi: in Sicilia lavorano 26,3 dirigenti ogni 100 dipendenti contro 18 in Lombardia. Nel SSR siciliano ci sono troppi dirigenti, più di tremila in più. Sono 12.148 dirigenti, 26,3 dirigenti in sanità ogni 100 dipendenti. In Toscana i dirigenti sono 10.087. Dunque in Sicilia, ogni 100 dipendenti ci sono 7 dirigenti in più rispetto alla Toscana, rispetto al totale equivale a un esubero di 3.227 dirigenti, che causa l’aumento dei costi per pagare gli stipendi.

“Per diminuire gli sprechi  – commenta Coniglio – è necessario Istituire negli ospedali siciliani l’ “Unità operativa di degenza infermieristica. Si risparmierebbero 1000 euro al giorno. Abbiamo inoltrato questo progetto il mese scorso al Presidente della Regione, all’Ars, all’Assessore reg della Salute e alla VI commissione regionale sanità, con la richiesta di inserirlo negli ospedali siciliani. Quale sarebbe il vantaggio per gli ospedali siciliani? Mediamente un ricovero che comprende la fase acuta e post acuta del paziente dovrebbe durare massimo 5-7 giorni. Trasferendo i pazienti in fase post acuta nell’ ‘Unità operativa di degenza infermieristica, si riducono i giorni di degenza e si liberano posti letto all’interno dei reparti che saranno riservati per la fase acuta di altri pazienti. Questo comporta anche un vantaggio enorme per i pronto soccorso che avranno maggiore disponibilità di posti letto, a disposizione dei cittadini che bussano alla porta degli ospedali per essere ricoverati e che molte volte, purtroppo, devono sostare per qualche giorno anche all’interno dei nostri pronto soccorso in attesa che si liberi un posto in un reparto.

Per colmare la carenza di personale Infermieristico sanitario sul territorio è necessaria, quindi, la concessione della libera professione agli Infermieri e alle professioni sanitarie non mediche: a novembre la FSI ha depositato un DDL in tutte le regioni d’Italia, in Sicilia il 28/10/14. Sulla scarsa assistenza domiciliare ed rsa, i ddl presentati alla Camera dei Deputati il 17/7/14 sull’istituzione dell’ Infermiere di Famiglia e il ddl in tutte le regioni sulla libera professione, sono i 2 disegni di legge che potrebbero migliorare la situazione. Infine, serve riforma nel 118 perché disorganizzato e poco efficiente. “Non servono più norme ma azioni mirate e decise – concludono Giuseppe Spada (dirigente sindacale Fsi-Cni Siracusa) e Maurizio Cirignotta (dirigente sindacale dipartimento formazione Fsi-Cni Sicilia). Non siamo in discesa, ma siamo in salita, anche se pur lenta, se non si corre da soli e si rendono partecipi i cittadini e ai tavoli le parti sociali, dovremmo avviarci verso un recupero di miglioramento”.

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