Dott. Ernesto Mossuti

Dott. Ernesto Mossuti

di oggisalute | 26 settembre 2012 | pubblicato in
Mossuti 4

LA MORTE CARDIACA IMPROVVISA : IMPORTANZA DEL PROBLEMA

 Per Morte Cardiaca Improvvisa (MCI) si intende una morte naturale dovuta a cause cardiache, caratterizzata da una improvvisa perdita di coscienza, entro un’ora dall’insorgenza dei sintomi. Rappresenta il 30% delle morti naturali tra i soggetti di età compresa tra 20 e 64 anni e il 50% delle morti che avvengono in ambiente extraospedaliero. In particolare, poi, da sola costituisce la causa del 50% dei decessi per malattia cardiovascolare.

In Europa c’è una incidenza di ≈ 700.000 nuovi casi/anno, cioè 0.36-1.28 per mille abitanti/anno. Negli Stati Uniti provoca più morti di quelle che derivano dalla somma delle morti  per stroke, tumore del polmone, tumore alla mammella e AIDS 7.

E’ molto rara nei primi dieci anni di vita ed in questi casi è da collegare ad anormalità del sistema nervoso autonomo e/o ad aumentato tono vagale. Sela MCIsi presenta in giovane età  per lo più si verifica durante attività sportiva. In questi casi è presente sempre una alterazione miocardica genetica come ad esempio una cardiomiopatia ipertrofica o una displasia aritmogena del ventricolo destro o una malattia dei canali ioni ( cosiddette “channelopathies” ).La MCIè molto frequente nelle prime fasi dell’Infarto Miocardico Acuto(IMA) .

Il substrato della MCI è differente nei soggetti a seconda dell’età: per i pazienti al di sotto dei 35 anni è prevalente una malattia del miocardio (48%) mentre tra quelli al di sopra di 35 anni è quasi sempre presente una malattia coronarica(80%) 4 . Nei pazienti con Scompenso Cardiaco Cronico(SCC) la mortalità è in relazione alla classe funzionale5 : nelle prime classi (NYHA I e II) la mortalità è per lo più correlata ad  aritmie ventricolari(MCI) mentre nelle classi più avanzate(NYHA IV) la mortalità è legata al peggioramento dello SCC,

Fig. 1 .

 

La causa della MCI è,  nel 75% dei casi, una Tachicardia Ventricolare(TV), mentre le bradiaritmie rappresentano solamente il 20% degli eventi di MCI 2,

Fig. 2.

La MCIè il momento finale di una serie di eventi che alla fine portano all’Arresto Cardiaco e Circolatorio (ACC),

Fig. 3.

La Fibrillazione Ventricolare(FV) , che è il meccanismo prevalente ,  si può sviluppare in presenza di un miocardio vulnerabile e di fattori intercorrenti (trigger) quali attività fisica, aumentato tono simpatico, stress, fattori tutti che in altre condizioni sarebbero non pericolosi ma che in condizioni particolari(ischemia acuta, malattie ereditarie e canalopatie) possono scatenare la FV3.

In una elevata percentuale di casila MCIè la prima manifestazione di una ischemia acuta sia in caso di sindrome coronarica acuta con persistente sopralivellamento del tratto ST che in caso di sindrome coronarica acuta senza sopralivellamento del tratto ST.

Nei primi sei mesi dopo un IMA la possibilità della MCI è elevata e alcuni parametri possono aiutare a stratificare al meglio il rischio e cioè  : ischemia residua, cattiva funzione ventricolare e instabilità elettrica.

Negli ultimi dieci anni molti studi hanno dimostrato una rilevante importanza del fattore genetico. Esistono, infatti, delle anomalie genetiche che condizionano alterazioni nei canali ionici determinando le cosiddette “channelopaties” di cui è un esempio molto conosciuto la sindrome di Brugada. All’elettrocardiogramma queste patologie hanno in comune una alterazione del punto J e per questo si parla anche “J-wave syndrome”1.

E’ evidente che nella problematica posta dalla MCI è fondamentale la stratificazione del rischio di ogni singolo paziente perché una volta che il processo aritmico è innescato è estremamente difficile attuare una efficace manovra di rianimazione cardiorespiratoria.

I parametri da tenere in considerazione nella valutazione del rischio sono numerosi (Fig. 4)

 

e interessano principalmente la funzione ventricolare sinistra valutata come Frazione di Eiezione all’ecocardiogramma.

Oltre a ciò è importante valutare la storia clinica e le comorbidità come ha ampiamente dimostrato il Framingham study6. (Fig. 5)

 

 Dott. Ernesto Mossuti, specialista in cardiologia.

 

 

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