Coronavirus

Chi brinda e chi sta a casa, giro del mondo dentro e fuori dai lockdown

di oggisalute | 2 dicembre 2020 | pubblicato in Attualità
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Confine Svizzera-Italia. A 500 metri di distanza, sul versante elvetico “locali pieni e gente sorridente che brinda” gomito a gomito a mascherine abbassate, dal lato tricolore “vinerie e ristoranti vuoti e non un’anima viva in giro per strada”. E’ sera e Maurizio, geologo frontaliero, al ritorno dal lavoro vive quotidianamente questo paradosso, un mondo in lockdown ma non per tutti, mentre raggiunge la sua casa in provincia di Varese. “Non so chi avrà ragione – dice all’Adnkronos Salute – ma la cosa buffa è che ti fermi a far benzina poco prima di lasciare la Svizzera e dalle finestre del bar accanto vedi avventori seduti al tavolo con le birre in mano, senti la musica. Poi, passato il confine, tutto chiuso. Sembra un altro mondo”.

Eppure la Svizzera, con il suo Cantone di Ginevra (che ha in questo momento “circa 3 volte la casistica italiana”), è stata definita “l’epicentro europeo” di Covid-19. E il 18 novembre i rianimatori del Paese hanno lanciato l’allarme sui posti letto di terapia intensiva pieni. “Ma gli elvetici sono molto pragmatici, guardano più all’economia – ragiona Maurizio – Lì c’è una situazione differenziata. Per esempio nel cantone Vallese e di Vaud hanno chiuso ristoranti e centri commerciali da un paio di settimane e hanno messo più restrizioni, subiscono la vicinanza con la Francia e sono messi peggio sul fronte contagi. Nel cantone Ticino invece sono più liberi. Hanno iniziato a mettere l’obbligo della mascherina ma molti mesi più tardi rispetto a noi italiani, hanno puntato dell’effetto delle raccomandazioni”.

La conseguenza è che si possono vedere, per esempio a Montreux, “gruppi di anziani che serenamente giocano a bocce”, distanziati ma con le mascherine sotto al mento, o “assembramenti di ragazzini sul lungolago”, e la vita sembra scorrere più tranquilla. “Sui media locali non c’è un bombardamento di notizie su Covid-19. Se ti ritrovi positivo, fai 10 giorni di quarantena e dopo ulteriori due giorni senza sintomi, puoi tornare al lavoro senza aspettare l’esito negativo del tampone. E’ un altro modo di affrontarla, non so se giusto oppure no”.

A 500 chilometri dalla Svizzera, a Parigi, è un giorno importante per i cittadini: “Da ieri – racconta Marianne Baisnee, giornalista e regista – il nostro lockdown parziale (bambini a scuola e adulti al lavoro quando non si può lavorare a distanza) è stato un po’ più allentato. Invece di un’ora di libertà con possibilità di una passeggiata entro un chilometro massimo possiamo avere 3 ore, in un raggio di 20 km. Però dobbiamo sempre riempire un’attestazione per motivare perché usciamo (lavoro, salute, portare i bimbi a scuola, sport o prendere aria). I negozi ‘non essenziali’, che si sono molto lamentati della loro chiusura mentre Amazon faceva affari, aprono di nuovo, e anche , i parrucchieri”.

Poiché i numeri di Covid-19 “sono migliorati, il 15 dicembre il lockdown dovrebbe finire – spiega – però ci sarà sempre un coprifuoco dalle 21 alle 7 (a parte il 24 e il 31 notte). Dobbiamo limitare gli incontri privati, ma riapriranno con nuove misure teatri e cinema. Ristoranti, bar e discoteche rimarranno chiusi”. Una terza fase scatterà dal “20 gennaio: le scuole superiori non saranno più a orari dimezzati, e l’università aprirà di nuovo”.

Quanto all’atteggiamento dei francesi, “qui la mascherina è obbligatoria dappertutto. Solo chi va a correre o in bici può non indossarla. Molta gente questo lockdown dice non averlo rispettato completamente, ma comunque la sera le strade sono vuote. C’è stato forte impatto psicologico conseguente già alla prima chiusura su giovani e bambini, ora si temono gli effetti economici. I bambini vanno a scuola con la mascherina dai 6 anni in su. Mia sorella insegna in una scuola vicino a Marsiglia e dice che molti genitori si sono lamentati, e alcuni hanno portato certificati medici che attestano che i loro figli non possono indossare la protezione. Lei prova a replicare che, se più di uno fa così, sarà costretta a farsi certificare come persona a rischio dal suo medico”.

Oggi come oggi, riflette Marianne, “non ci sono molte aspettative. Forse da adesso ci sarà un po’ più di speranza, con un po’ più di libertà. Ma come ha detto il presidente Macron c’è ‘stanchezza’. Da dicembre, potrebbe partire la campagna di vaccinazione. E per Natale le famiglie potranno viaggiare ed essere riunite. Anche se le grandi feste non sono possibili”. In Olanda, invece, “hanno scelto la via dell’advice, del consiglio – racconta Fabiano Malara, manager, residente con moglie e 4 figli a L’Aia – non c’è una legge che impone l’uso di mascherine, ma un advice. E viene consigliato di evitare spostamenti, quando i contagi hanno raggiunto il picco è stato detto proprio ‘non potete’, ma non sono state fatte multe”.

“I ristoranti sono chiusi, questo sì. E ci sono limitazioni per i cinema, massimo 30 persone a sala, e per gli assembramenti, anche con singolari differenze: 20 persone per un matrimonio, 30 per un funerale, chissà perché. Adesso i ristoranti fanno solo asporto, ma gli hotel sono aperti e se prenoti una camera puoi andare al ristorante che lavora solo per i clienti. C’è chi opta per il pacchetto completo per poter fare vita sociale, una cena fuori. Gli sport di contatto sono vietati solo sopra i 18 anni e le scuole non hanno più chiuso”.

Nella vicina Copenaghen “i casi sono in aumento – racconta Raffaella Rovida, che vive nella capitale danese con due figli piccoli – Le scuole sono aperte senza grandi accorgimenti, serve la mascherina per mezzi pubblici e negozi, tutto chiude alle 22. E’ la nuova normalità, non particolarmente stressante. Non avverto grande timore da parte delle persone, qui i casi gravi sono pochi e posto negli ospedali ce n’è. Sono molto più presi da altri temi. Un vero lockdown qui non c’è mai stato e la mascherina prima dimenticavi di metterla, ora dimentichi di toglierla. Resta il fatto che “non ci si muove, stiamo a casa, solo amici stretti”. In compenso “i negozi sono pieni di gente, si rifanno con regali e cibo per i viaggi che non possono fare per Natale”.

Oltreoceano le prospettive cambiano: a New York “la situazione è piuttosto seria, i casi stanno di nuovo aumentando: negli ultimi 14 giorni più 85%”, racconta Giancarlo Lombardi, professore di Italiano, francese e letterature comparate alla City University of New York. “Qui le scuole pubbliche sono di nuovo chiuse, ristoranti e bar rischiano di nuovo ‘indoor closings’. Le palestre non possono più restare aperte fino a tardi. Oggi non c’è il terrore di mesi e mesi fa, perché non si sentono più ambulanze continuamente e il tracciamento sembra essere ben organizzato, i tamponi offerti gratis in più location”.

Ma, aggiunge, “si sente ovunque il monito di non passare le feste in gruppi e con le famiglie. Meglio restarsene a casa propria. Siamo bombardati da questi avvisi”. Più a Sud, a Panama, “si viaggia sui 1300-1500 casi al giorno, su una popolazione di circa 5 milioni di abitanti”, spiega Santi Casciano, manager. “A parte le ormai normali misure di sicurezza, le scuole fanno didattica a distanza. Gli uffici possono essere frequentati dal 30% di persone, il resto lavora da casa. Le altre attività possono riaprire se si seguono le regole di sanità e sicurezza. Si vive abbastanza a cuor leggero, la gente cerca di godersi il ritorno alla semi-libertà”.

“Il timore c’è ancora soprattutto considerando quel che si osserva in Europa, qui c’è stato lockdown totale da marzo a ottobre, con 2 ore d’aria a giorni alterni e per sesso: cioè lunedì, mercoledì e venerdì per le donne e martedì, giovedì e sabato uomini, domenica nessuno. Adesso rimane solo il coprifuoco dalle 23 alle 5 del mattino. La gente indossa le mascherine ovunque, tranne a casa e in macchina, e non si vedono negazionisti”. Scorrendo il mappamondo fino all’Australia, il lockdown è un ricordo ancora fresco. “Quando Covid ha avuto inizio, la gente non realizzava la possibilità della diffusione del virus anche nella Downland”, racconta Stefania Calarco, architetto, residente a Melbourne con marito e 3 figli.

“Gli australiani – dice Stefania – amano la vita all’aria aperta, la socializzazione a tutti i costi, i brunch seduti al tavolo dei caffè nel weekend o le degustazioni di vini seguiti da cene al ristorante o interminabili barbecue nel backyard di casa con amici o parenti. Ai primi contagi, i ‘consigli’ del governo di rimanere a casa e indossare la mascherina all’aperto non sono stati osservati. Si è dovuti arrivare al secondo lockdown con obbligo delle restrizioni, pena la multa o l’arresto, negozi e luoghi pubblici chiusi. Grazie a questo lungo (oltre 100 giorni, ndr) lockdown si è arrivati ad azzerare i casi nel Vittoria”.

“Non è stato facile, le persone sole o anziane e i bambini hanno sofferto di più. C’è stato chi ha perso il lavoro, casi di depressione, insofferenza generale. Nelle famiglie come la nostra, i genitori hanno potuto lavorare da casa, fra meeting scolastici su Seesaw, i compiti, i bimbi da accudire. Mangiavamo a tavola tra compiti di scuola, disegni A3 e 2 laptop e un computer desktop. Lo spirito di sopravvivenza, il senso del dovere e il rispetto delle regole hanno avuto il sopravvento su tutto. E si è anche riscoperto il vivere la casa, con i propri cari”. Ora le scuole hanno riaperto come tutte le attività commerciali, “indossiamo la mascherina e il limite per cene o feste è di 10 persone. Si può andare al ristorante ma su prenotazione”. Certo, l’Italia resterà lontana ancora per un po’: “I miei genitori li vedo solo via Skype e sono 2 anni che non rientro”.

Volando in Asia, a Hong Kong, che ieri contava 84 casi, “la situazione è altalenante ma sempre sotto controllo – riferisce Danilo, manager di Armani Operations – qui appena i contagi vanno in doppia cifra aumentano le restrizioni, mentre quando scendono sotto la decina le alleggeriscono. Anche se non siamo mai stati in lockdown, c’è obbligo di mascherina sui mezzi e in uffici e luoghi chiusi. Al ristorante no, ma si possono servire solo tavoli da massimo 4 persone. Hanno chiuso le scuole per 2 settimane, solo didattica a distanza. Per chi arriva dall’estero c’è obbligo di tampone e quarantena in alberghi a spese del viaggiatore (una mossa per scoraggiare i viaggi e aiutare il settore alberghiero in perdita). La normalità è lontana, però nessuno si lamenta”.

“Io l’ho vissuta bene, mai avuto paura. Il Governo è riuscito a contenere bene il diffondersi del virus, e considerando che stiamo parlando di una metropoli di quasi 8 milioni di abitanti densamente popolata, è stato un mezzo miracolo. Fino a oggi in totale abbiamo avuto poco più di 5.800 casi e 108 morti e il sistema sanitario non è in crisi. Erano preparati a una pandemia come questa, perché nel 2003 c’è stata la Sars che ha fatto parecchi morti e danni economici. Hanno imparato la lezione”.

(Fonte: Adnkronos)

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