Lo studio

Nel Dna dei centenari italiani
la “chiave” per curare il cuore

di oggisalute | 11 luglio 2019 | pubblicato in Attualità
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Dal codice genetico dei centenari italiani una nuova possibile terapia contro le malattie cardiovascolari. Il cosiddetto ‘gene della longevità’, molto frequente in persone che superano i 100 anni di vita, è stato infatti inserito in modelli animali, bloccandone l’aterosclerosi. Lo studio, condotto dall’Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia), dall’Irccs MultiMedica di Sesto San Giovanni (Milano) e dal Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria dell’Università degli Studi di Salerno, con il sostengo di Fondazione Cariplo e ministero della Salute, è stato pubblicato sull”European Heart Journal’ ed è incentrato sul gene che codifica la proteina Bpifb4.

Alcune persone vivono molto più a lungo della media, in parte anche grazie al loro Dna. Ora questa ricerca – tutta italiana – mostra che potrebbe essere possibile replicare questo ‘dono genetico’ anche per chi ne è sprovvisto. Si apre la strada a un modello innovativo di terapia, capace di prevenire e combattere le malattie cardiovascolari attraverso un vero e proprio ringiovanimento dei vasi sanguigni. In passato lo stesso gruppo di ricerca aveva individuato una variante di questo gene, la cosiddetta Lav (Longevity associated variant), che prevale nelle persone dalla vita particolarmente lunga, oltre i 100 anni. Ora i ricercatori hanno inserito, attraverso un vettore virale, il gene Lav-Bpifb4 nel Dna di animali da laboratorio particolarmente suscettibili all’aterosclerosi e, di conseguenza, a patologie cardiovascolari.

“I risultati – dice Annibale Puca, coordinatore di un’équipe di ricerca presso l’Università di Salerno e l’Irccs MultiMedica – sono stati estremamente incoraggianti. Abbiamo osservato un miglioramento della funzionalità dell’endotelio (la superficie interna dei vasi sanguigni), una riduzione di placche aterosclerotiche nelle arterie e una diminuzione dello stato infiammatorio”. In altri termini, l’inserimento del ‘gene dei centenari’ nei modelli animali ha provocato un vero e proprio ringiovanimento del sistema cardiocircolatorio.

Lo stesso effetto positivo è stato ottenuto anche in laboratorio, questa volta non inserendo geni nelle cellule, ma somministrando la proteina codificata dal gene Lav-Bpifb4 a vasi sanguigni umani.

A questi dati sperimentali, i ricercatori hanno quindi aggiunto un ulteriore studio condotto su gruppi di pazienti. Si è visto prima di tutto che a un maggiore livello di ‘proteina dei centenari’ nel sangue corrispondeva una migliore salute dei loro vasi sanguigni. Inoltre, proprio i portatori della variante genetica Lav avevano livelli di proteina maggiori.

“Questo studio – commenta Carmine Vecchione, preside della Facoltà di Medicina dell’Università di Salerno, direttore dell’Unità operativa complessa di Cardiologia del Ruggi D’Aragona di Salerno e responsabile del Laboratorio di Fisiopatologia vascolare dell’Irccs Neuromed – apre la strada alla possibilità di soluzioni terapeutiche basate sulla proteina Lav-Bpifb4. Naturalmente – ammonisce – saranno necessarie ancora molte ricerche, ma pensiamo che sia possibile, somministrando la proteina stessa ai pazienti, rallentare i danni cardiovascolari dovuti all’età. In altre parole, anche se una persona non possiede quelle particolari caratteristiche genetiche che la rendono longeva, potremmo essere in grado di offrire lo stesso livello di protezione”.

(Fonte: Adnkronos)

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