Comunicazione Aumentativa e Alternativa

Linguaggio, arrivano i super-assistenti
alla comunicazione

di oggisalute | 8 ottobre 2018 | pubblicato in Attualità
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Si chiama Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) e riguarda in Italia oltre ottocentomila persone che, a causa di patologie acute, croniche o congenite non riescono ad esprimersi in maniera autonoma. La CAA, e l’uso delle tecnologie ‘assistive’, rientra a pieno titolo tra gli strumenti di ultima generazione che possono aiutare chi soffre di disturbi del linguaggio. Lo sviluppo di nuove tecnologie e di nuove scienze, infatti, muove e stimola il nostro mondo in molteplici direzioni. Che sia di tipo software o hardware, che sia tangibile o un semplice flusso di informazioni e dati, la tecnologia ci circonda nella quotidianità e le sue applicazioni in campo medico-scientifico hanno aumentato la qualità e l’aspettativa di vita di milioni di persone. Anche la logopedia ha registrato notevoli successi grazie ai vantaggi che la tecnologia ha apportato nella vita di quanti soffrono di disturbi nel linguaggio. In particolare, la CAA è fondamentale nei bambini e nei ragazzi: non dimentichiamo che più del 2% della popolazione tra 0 e 18 anni è composto da persone affette da disabilità ed è stato stimato che almeno un quarto presenta disturbi nella comunicazione, transitori o permanenti. Negli ultimi anni è stato evidenziato anche un aumento della popolazione infantile che necessita di supporto allo sviluppo del linguaggio.

Questo incremento è determinato da una serie di fattori, tra cui le problematiche dovute all’autismo – queste ultime in crescita – che nel 25% dei casi non permette l’acquisizione completa del linguaggio. A questo si aggiunge la maggior sopravvivenza alla nascita di bambini grandi prematuri e affetti da altre patologie congenite come paralisi cerebrale o disabilità intellettiva, oltre alla sopravvivenza di bambini con severe patologie acquisite (ad esempio tumori cranici, cerebrali o ictus). Tutti questi argomenti a cavallo tra comunicazione, accessibilità e tecnologie assistive sono oggetto chiave del XII Congresso della Federazione Logopedisti Italiani (FLI) che si è svolto a Palermo il 5 e il 6 ottobre.

“I supporti tecnologici – spiega la presidente FLI, Tiziana Rossetto – sono entrati prepotentemente nella quotidianità dei logopedisti che devono aggiornarsi per stare al passo con la loro continua evoluzione. La preparazione tecnologica del professionista oggi diventa imprescindibile, al pari di quella scientifica, perché il logopedista del terzo millennio, nel momento in cui ‘prende in carico’ il paziente, deve saper individuare non solo le soluzioni più adatte alla limitazione di cui soffre quest’ultimo, ma deve anche avere le giuste intuizioni per ripensare l’uso di strumenti originariamente previsti per altri casi, il che presuppone una preparazione che gli permetta di padroneggiare tutta la tecnologia a sua disposizione. La tecnologia che garantisce la sopravvivenza ai bambini più fragili – prosegue la dr.ssa Rossetto – può quindi intervenire fornendo loro un importante supporto laddove alcune funzioni sono state danneggiate a volte in modo irreversibile. E lo stesso discorso vale per gli adulti: La CAA può essere di grande aiuto non solo in caso di limitazioni dovute a disabilità congenite ma anche in caso di ictus o traumi cranici, a cui si aggiungono le malattie degenerative come la SLA o il morbo di Parkinson e le inabilità temporanee, come ad esempio la sindrome di Guillain- Barré. Tutte queste patologie, che possono danneggiare le capacità espressive, possono trarre grande beneficio dalla CAA che comprende un insieme di modalità, strategie e tecnologie in grado di migliorare la capacità di comunicare”.

Oggi infatti è possibile personalizzare non solo le terapie tradizionali e classiche ma anche gli aiuti offerti dal supporto tecnologico: basti pensare ai sintetizzatori vocali e alle tavole comunicative cartacee, di simboli, immagini, di lettere, ai comunicatori dinamici e a quelli a puntamento oculare, ad oggetti e dispositivi ad uscita vocale. Per i nativi digitali per esempio, oggi esistono tecnologie per la comunicazione, giochi e videogiochi accessibili ed altri strumenti che aiutano a recuperare autonomia e autostima, senza sentirsi diversi o emarginati. In alcuni casi, però, occorre l’intervento del logopedista che deve sforzarsi di trovare soluzioni innovative laddove possono persistere situazioni di disagio.

“I nostri pazienti in età evolutiva – spiega Valentina Pasian, logopedista presso la struttura complessa di Neuropsichiatria infantile Nord ASL Città di Torino, e autrice di uno dei principali studi presentati al congresso – nascono e crescono immersi nella tecnologia che spesso per loro non è accessibile. Dall’altra parte i pazienti adulti affetti da patologie, spesso degenerative, si scoprono non più in grado di utilizzarla. Sempre più spesso, quindi, il logopedista è chiamato a colmare questo gap nella scelta di dispositivi tecnologici atti a compensare momentaneamente o permanentemente alcune funzioni come quella comunicativa, intesa come la capacità di inviare e ricevere un messaggio non solo verbale – basti pensare all’uso che facciamo dei nostri smartphone – o ad alcune autonomie, come quella di orientarsi nel tempo e nello spazio o nell’eseguire semplici attività di vita quotidiana. Per questo lo specialista deve essere a conoscenza di tutte le soluzioni tecnologiche, deve padroneggiarle e suggerire le più adatte al caso individuale”.

“Tra le innumerevoli patologie del linguaggio che trovano nella tecnologia una grande alleata – aggiunge Cristian Leorin, Logopedista e docente presso Università degli Studi di Padova e co-autore dello studio presentato – si va dalle più diffuse come la dislessia che, attraverso software appositi con sintesi vocale migliorano le performance del bambino, alle situazioni più complicate, aiutate da strumenti sensibilissimi che sostituiscono o aumentano la comunicazione orale e scritta. Basti pensare a Stephen Hawking, che comunicava grazie ad un sofisticatissimo sistema denominato Acat (Assistive Context-Aware Toolkit), basato sul movimento del muscolo della guancia, l’unico che Hawking era in grado di controllare negli ultimi anni della sua vita. Come ebbe modo di spiegare lo scienziato, la scelta delle lettere avveniva attraverso un movimento della guancia che a sua volta veniva codificato da un sensore a infrarossi montato sulla lente degli occhiali. Grandi aiuti provengono anche dai sistemi che utilizzano i simboli (ARASAAC, PCS, PECS, ecc) che entrano a far parte delle strategie utilizzate nell’ambito dell’autismo quale sistema di comunicazione attraverso lo scambio per immagini per una comunicazione funzionale”.

“Il logopedista – aggiunge Pasian – deve quindi sapersi orientare, adattando alle diverse situazioni anche dispositivi originariamente nati per altri scopi. Pensiamo agli strumenti tecnologici portatili di cui tutti noi facciamo uso, che possono rappresentare un grandissimo aiuto per l’interazione con gli altri, per l’acquisizione di nuove abilità, per il supporto alla nostra memoria. Se solo una decina di anni fa l’uso di questa tecnologia da parte di persone affette da disabilità rischiava di sottolineare ulteriormente la presenza di una “difficoltà”, ora non è più così”.
“Nel workshop ‘Innovazioni Tecnologiche’ – conclude la presidente Rossetto – i discenti avranno modo di scoprire che spesso le soluzioni tecnologiche, siano esse a bassa, media o alta tecnologia, non solo esistono ma che trovarle è molto più semplice di quanto sembri. Così come troveranno casi clinici con cui misurarsi. Quindi non solo la patologia in sè, ma anche con il contesto in cui il paziente è inserito. Ma soprattutto, la sfida riguarderà il fatto che spesso una soluzione tecnologica non deve per forza costare molto: se si individuano le esigenze del paziente, le abilità residue e si conosce la tecnologia, a volte basta un acquisto online a pochi euro, o scaricare un’applicazione sul proprio smartphone. Il logopedista del futuro quindi deve essere ‘creativo’ oltre che in possesso della competenza della patologia e della tecnologia, perché partendo dal reale bisogno del paziente e da una nuova forma mentis potrà pensare alle soluzioni più originali e alternative cercandole nell’ampio universo tecnologico a sua disposizione.

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