Le storie dell'Istituto europeo di oncologia

Tumore ovarico, tre progetti
per il diritto di accesso a test Brca

di oggisalute | 21 novembre 2016 | pubblicato in Attualità
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“Non è più accettabile che in un ambulatorio di oncologia entrino una madre e la sua giovane figlia con tre tumori in due (due ovarici e uno al seno), che si potevano prevenire se si fosse fatto un semplice prelievo di sangue per il test genetico Brca del quale non erano informate nonostante la loro storia. Non è giustificabile che non si possa evitare un tumore al seno a una ragazza di 25 anni il cui padre ha alle spalle una storia forte di cancro, quando abbiamo le armi perché tutto questo non succeda”. Sono storie reali di donne con un rischio scritto nei geni quelle raccontate da specialisti come Nicoletta Colombo dell’Istituto europeo di oncologia.

Donne che non hanno potuto scegliere di sapere, perché in Italia non tutte le pazienti per le quali sarebbe raccomandato, e i loro familiari, hanno quello che è stato battezzato il ‘diritto di gene’: il diritto al test genetico per la ricerca della mutazione dei geni Brca 1 e 2. Gli stessi geni che il grande pubblico collega alla star holliwoodiana Angelina Jolie da quando ha fatto il giro del mondo la notizia degli interventi preventivi – rimozione di seno e ovaie – cui si è sottoposta per riportare nella media un pericolo amplificato di sviluppare tumore, malattia che le ha portato via la madre. Ma la realtà delle persone comuni è spesso diversa, avvertono gli esperti. Il monito sulla disparità di accesso che si registra per le pazienti con cancro ovarico fra una Regione e l’altra d’Italia arriva da Milano. E a lanciarlo sono specialisti, economisti sanitari e associazioni.

Per sensibilizzare sulla malattia e sui test Brca, l’Alleanza contro il tumore ovarico Acto onlus, l’Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari dell’università Cattolica (Altems) e Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna) hanno dato vita a 3 progetti sul diritto di gene, con il supporto di AstraZeneca.

Nel Paese sono state più di 5 mila nell’ultimo anno le diagnosi di tumore alle ovaie, responsabile di oltre 3 mila morti l’anno. In base alla tipologia di carcinoma, una percentuale che secondo le stime va dal 15 al 25% deriva dalla mutazione del gene Brca, che può far aumentare la probabilità di sviluppare un tumore fino al 46% e più, rispetto all’1,8% della popolazione generale. Se la neoplasia viene ‘stanata’ in fase avanzata, come avviene ancora nel 75-80% dei casi per via dell’evoluzione subdola e silenziosa, la percentuale di sopravvivenza a 5 anni si riduce drasticamente, fino al 27%.

(Fonte: Adnkronos)

 

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