Ricerca dell'università di Milano-Bicocca

Volti nelle nuvole e animali tra le foglie,
la donna più portata all’illusione

di oggisalute | 17 maggio 2016 | pubblicato in Attualità
nuvole

Fate, volti sorridenti, pantere, donne dagli occhi chiusi. Guardando le nuvole, o anche la luna piena, una roccia, un albero, a molti è capitato di riconoscere una forma familiare, un animale o un viso umano, magari con un’espressione particolare. Una tendenza istintiva e automatica a trovare strutture ordinate e fogge note negli oggetti. Ad alcune persone, tuttavia, questo succede più spesso: e sembra che le donne siano più inclini degli uomini a sperimentare questa illusione. Lo ha scoperto il gruppo di ricerca dell’università di Milano-Bicocca coordinato da Alice Mado Proverbio insieme a Jessica Galli, analizzando un gruppo di maschi e femmine.

In particolare, le donne sono molto più portate degli uomini a trovare sembianze umane in un oggetto reale e ad attivare, di conseguenza, le aree cerebrali legate all’affettività. Per arrivare a questo risultato è stata misurata la risposta del cervello alla percezione di stimoli visivi legati a quattro categorie di immagini: volti umani, oggetti qualsiasi, oggetti simili a facce e, infine, animali. La ricerca è stata pubblicata su ‘Social Cognitive and Affective Neuroscience’, e mostra come il cervello femminile sia più incline ad antropomorfizzare oggetti rispetto a quello maschile, a renderli più simili alla forma umana. Un’illusione che si chiama pareidolia e tende a ricondurre oggetti o profili dalla forma casuale a forme note, un’associazione che si manifesta in particolar modo verso figure e volti umani.

Il cervello è un organo estremamente sensibile e per analizzare categorie semantiche differenti fornisce risposte specifiche. In questo caso, per il riconoscimento dello schema facciale umano, si attivano determinati gruppi di neuroni. La prima elaborazione avviene nella parte posteriore del cervello dopo soli 170 millisecondi: di fronte a una faccia, la risposta è più intensa; di fronte agli oggetti con sembianze facciali o Fit, Faces in things (‘facce negli oggetti’), è intermedia; di fronte a oggetti ‘neutri’ è più debole. In questo stadio maschi e femmine rispondono in modo molto simile, ma in un secondo stadio, che si svolge quasi contemporaneamente al primo (la velocità è rapidissima, 150-190 millisecondi), l’informazione viene inviata a zone anteriori dell’encefalo.

La differenza è netta: le donne evidenziano una risposta molto simile a facce e Fit – oggetti simili a volti – e si attiva il ‘cervello sociale’, la parte con cui si attribuisce una mente, una serie di credenze e ci si relaziona con gli altri. Si attivano quindi l’emisfero destro, il giro temporale superiore, la corteccia orbito-frontale e cingolata, che delinea un’emozione in ciò che si vede. Anche gli uomini, naturalmente, sono portati a identificare immediatamente le facce come persone, tuttavia considerano in modo automatico le Fit come semplici oggetti. Il segnale che arriva dalla parte posteriore del cervello non supera una certa soglia ed è immediatamente giudicato ‘insufficiente’: i soggetti di sesso maschile così non tendono ad antropomorfizzare gli oggetti. La sperimentazione si è avvalsa della partecipazione di 26 studenti universitari, 13 maschi e 13 femmine, ai quali è stato detto di premere più rapidamente un tasto quando vedevano fotografie di animali, che costituivano il 12% delle immagini mostrate.

Le misurazioni di precisione sono state registrate grazie una ‘cuffia iper-tecnologica’ con 128 elettrodi: sottoposti a una stimolazione sensoriale, i neuroni cerebrali comunicano fra loro producendo un segnale bio-elettrico rilevabile sulla superficie del capo e, a seconda delle caratteristiche della persona, di fronte agli stessi stimoli può cambiare il livello di attivazione cerebrale. Gli oggetti con sembianze facciali sono stati selezionati con studi appositi. La selezione ha preso in considerazione 400 oggetti reali, nessuno dei quali era riconducibile ad un’elaborazione grafica creata al computer. I dieci studenti che formavano il campione, ignari dello scopo della ricerca, dovevano stabilire se le immagini ritraessero visi umani, oggetti che ricordavano volti oppure oggetti privi di qualsiasi relazione con uno schema facciale.

Anche in questo caso le donne hanno trovato oggetti con un volto umano molto più spesso degli uomini. “Già in altri studi il cervello femminile aveva evidenziato reazioni più marcate – spiega Mado Proverbio – nei confronti di informazioni sociali come il pianto o il riso dei bambini, le espressioni facciali, la mimica corporea e le interazioni sociali, dimostrando un maggiore interesse verso le persone rispetto a oggetti o paesaggi. In questo studio viene anche svelato il meccanismo con cui il nostro cervello ‘attribuisce un’anima’ a oggetti altrimenti inerti, ovvero li antropomorfizza, conferendo loro motivazioni, emozioni e intenzioni con il coinvolgimento della regione temporale superiore di destra, del cingolato posteriore e della corteccia orbito-frontale, parti del cosiddetto cervello sociale”.

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