La vita dei figli nei nuclei monoparentali

Bambini e famiglia: vademecum
per i genitori single

di federica di martino | 20 gennaio 2015 | pubblicato in Attualità
famiglia-monoparentale

Un’indagine svolta dall’Istituto di ricerche britannico NatCen, che nel 2008 ha interessato quasi 12.300 bambini di sette anni, ha evinto come non sia la composizione familiare ad incidere sul benessere e il desiderio di stabilità di un bambino, bensì la qualità della relazione che il minore vive all’interno del suo nucleo familiare.

Questo risultato permetterebbe dunque di smentire la visione comune secondo cui i bambini con una famiglia tradizionale mostrano una maggiore possibilità di un vissuto di stabilità. Le famiglie “monoparentali”, secondo una indagine Istat, rappresentano in Italia ben il 13%, a fronte di divorzi oppure di abbandono del partner, o perdita improvvisa. Un benessere dunque possibile, per il bambino e per il genitore, a fronte per quest’ultimo di sforzi ed investimenti molto difficili a cui dover far fronte. Ecco dunque alcuni consigli per affrontare al meglio la genitorialità.

Non solo genitore, ma anche persona.  Il rischio maggiore, in famiglie mononucleari, è che il genitore non riesca a gestire in maniera adeguata la propria funzione genitoriale. Uno dei rischi riguarda l’iperpresenza e iperprotettività, per riparare anche ad eventuali vissuti di colpa che sottendono all’assenza dell’altro genitore. In questo caso, ritagliarsi degli spazi per sé, permetterà al bambino non solo di sperimentare anche l’assenza e la naturale frustrazione, atta alla maturazione e individuazione del bambino, ma soprattutto di percepire il genitore come individuo felice e soddisfatto. Inoltre, intrattenersi con figure significative (nonni, zii, etc.) permetterà di ampliare la propria rete familiare.

Non solo persona, ma anche genitore. In senso opposto, soprattutto a fronte di divorzio, il genitore tende a recuperare “il tempo perso”, nel tentativo di instaurare una nuova relazione oppure approcciare ad una vita da single. Il rischio evidente, in questo caso, è di trasmettere ai propri figli il messaggio che sono loro l’ostacolo alla propria realizzazione individuale. Lasciare i bambini per troppo tempo ad estranei, non permetterà al bambino di comprendere in maniera chiara da chi è rappresentato il nucleo familiare primario.

Mantenere il contatto quotidiano con l’altro genitore. In caso di divorzio, in genere il padre ha maggiori difficoltà a ritagliarsi degli spazi ben definiti nella vita del bambino. In questo caso risulta fondamentale, anche se non è possibile essere partecipi fisicamente nel quotidiano, far percepire la propria presenza, garantendo al bambino un vissuto di compartecipazione e sicurezza.

“Sia madre, che padre”. Una delle visioni maggiormente condivise, riguarda il doppio ruolo che il genitore acquisisce nella famiglia. Il vissuto mentale del bambino tende ad attribuire funzioni al ruolo materno e paterno, cosa che nei nuclei monoparentali viene inevitabilmente a ridefinirsi. Tuttavia non è necessario rientrare in schemi precostituiti, in cui il rapporto duale venga forzato dall’acquisizione di ruoli definiti. Il bambino tenderà ad assumere in futuro queste funzioni su altri significativi, senza per questo delegittimare il genitore.

Ultimo consiglio, forse quello fondamentale, riguarda la possibilità per la famiglia di non ritirarsi socialmente. Per fare ciò tuttavia sarebbero necessarie strutture di sostegno e di supporto, che permettano una gestione della genitorialità vissuta in maniera quanto più serena e distesa. Essere genitori è uno dei momenti più importanti per la vita di ciascuno, viverlo in maniera positiva è un dovere che la nostra società dovrebbe in ogni modo agevolare.

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