Nuove frontiere dell'emodinamica

Dietro l’ipertensione un cortocircuito nervoso
Quando i farmaci non bastano si possono bruciare i nervi

di oggisalute | 15 novembre 2013 | pubblicato in Attualità,Cure e terapie,Ricerca
denervazione

L’ipertensione può avere più sfaccettature e più cure possibili, più o meno efficaci e più o meno invasive. Una di queste è la denervazione, ma in cosa consiste? La denervazione simpatica renale endovascolare consiste nel “bruciare” alcune fibre nervose che corrono intorno alle arterie dei reni e conducono stimoli che provocano una pressione sanguigna troppo alta. Si tratta di una procedura mininvasiva, se ne è parlato al Centro diagnostico italiano di Milano questa mattina nel corso del convegno “Denervazione renale endovascolare: modalità di controllo dell’ipertensione resistente e delle patologie associate.

“Questa tecnica – sottolinea Sergio Papa, direttore della Diagnostica per immagini del centro milanese – è stata classificata, nel corso della conferenza annuale sulle innovazioni in medicina alla Cleveland Clinic, al primo posto tra le più importanti scoperte del 2012 e si è dimostrata efficace in oltre l’84 per cento dei pazienti con ipertensione resistente ai farmaci”.

“Ad oggi la denervazione renale è risultata sufficientemente sicura e i potenziali inconvenienti sono paragonabili a quelli di una convenzionale angiografia”, commenta Bruno Damascelli, direttore scientifico del convegno. “È vero che si tratta di una procedura a senso unico e per la quale non esiste un criterio predittivo per la risposta, ma quando propriamente prescritta e applicata, l’effetto della denervazione renale può compensare la non efficacia dei farmaci quando questa si verifica. Sono gli stessi internisti e nefrologi a prescrivere questo trattamento che viene poi eseguito da cardiologi emodinamisti o radiologi interventisti”.

La denervazione simpatica renale si pone l’obiettivo, come emerge dalle 584 pubblicazioni scientifiche sul tema, di intervenire sul cattivo funzionamento del sistema simpatico: quando i centri nervosi superiori ricevono infatti una serie troppo ampia di stimoli da reni, cuore e vasi sanguigni, rispondono con impulsi che causano, tra gli altri, il restringimento delle arterie renali con conseguente aumento della pressione in tutto l’organismo. Questa ipertensione può essere compensata solo entro certi limiti grazie alla somministrazione di farmaci. Sono a oggi più di 107 gli studi clinici in corso che evidenziano come la denervazione abbia effetti positivi anche su altre patologie quali scompenso di cuore, insulino resistenza, fibrillazione atriale, insufficienza renale cronica, sindrome dell’apnea del sonno, malattie coronariche e tachicardia ventricolare.

La denervazione per l’ablazione delle fibre renali prevede l’introduzione nell’arteria femorale, sino a fargli raggiungere i vasi renali, di un elettrodo (o trasduttore nel caso vengano impiegati gli ultrasuoni) che agisce mediante il calore: le fibre simpatiche vanno infatti incontro a processi degenerativi permanenti quando trattate con una temperatura di circa 70 gradi. Grazie all’implementazione di numerosi sistemi per la denervazione, le procedure di intervento hanno subito importanti sviluppi: fino a due anni fa infatti un’operazione di ablazione delle fibre simpatiche renali richiedeva 24 minuti. Oggi la stessa procedura può essere eseguita in 2 minuti. Ad agosto 2013 risultano effettuate in Europa più di 10.000 procedure di denervazione renale.

L’ipertensione arteriosa è una patologia che interessa ben un settimo della popolazione mondiale e che si stima che entro il 2025 porterà le malattie cardiovascolari a essere la principale causa di morte in tutto il mondo. Recenti studi dimostrano che una riduzione di 20 mmHg della pressione sistolica, comunemente chiamata “massima”, e di 10 mmHg di quella diastolica è sufficiente per dimezzare il rischio di patologie del cuore e dei vasi. La cura e il trattamento di questa patologia hanno inoltre un forte impatto economico su scala mondiale: generano infatti costi che si aggirano sul 10 per cento della spesa sanitaria globale.

Le origini di questa innovativa tecnica di intervento sono da ricercarsi nella rivisitazione delle nozioni relative all’iperattività simpatica presente nello scompenso cardiaco. Negli anni ‘50, infatti, per intervenire sulla regolazione della pressione arteriosa, per la quale era stato dimostrato il ruolo centrale dei reni, si adottavano tecniche molto invasive come la nefrectomia bilaterale. Nel 2003 Levin, cardiologo, e Gelfand, bioingegnere, per ottenere una riduzione della pressione arteriosa, brevettano la tecnica della denervazione chimica delle fibre simpatiche che corrono attorno alle arterie renali e a partire dal 2006 vengono sviluppate da diverse società (prima su tutte Ardian) sistemi per l’ablazione con radiofrequenza delle fibre simpatiche renali mediante un cateterismo endovascolare.

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