Valvola aortica: sostituirla senza aprire il torace? In Sicilia si può

di oggisalute | 14 marzo 2013 | pubblicato in Attualità
Corrado Tamburino CT

Corrado Tamburino, professore di Cardiologia e direttore del dipartimento Cardiovascolare dell’Ospedale Ferrarotto di Catania vanta una delle maggiori esperienze di TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation o impianto di valvola aortica per via transcatetere) in Europa, con oltre 300 interventi effettuati.
“Le linee guida internazionali prevedono, per le persone colpite da stenosi aortica, la sostituzione della valvola aortica con una protesi, mediante un intervento di cardiochirurgia. Ovvero, l’apertura dello sterno (sternotomia) o accesso mini-invasivo, circolazione extracorporea, arresto del cuore e apertura dell’aorta, rimozione della valvola calcifica e impianto di protesi biologica. E’ un intervento chirurgico complesso, seppur ormai di routine e a basso rischio di mortalità, che non si può tuttavia effettuare in tutti i pazienti che presentano questa malattia. In almeno un 20-30 per cento dei casi i pazienti sono in condizioni di salute che rendono l’intervento troppo rischioso. In questi, la TAVI rappresenta una concreta, e spesso unica, alternativa”.

Come si esegue questo intervento?
“L’intervento TAVI si può effettuare in anestesia locale, con una semplice puntura all’inguine, introducendo la valvola montata su un catetere attraverso l’arteria femorale o, nei casi con grave patologia calcifica delle arterie femorali e dell’aorta, in anestesia generale con una piccola incisione tra le coste, entrando nel cuore con il catetere da un piccolo foro eseguito alla punta del ventricolo sinistro”.

Quali sono i vantaggi?
“ C’è, in ogni caso, un innegabile vantaggio fisico e psicologico per il paziente: minima invasività, durata dell’intervento ridotta, rapida dimissione, possibilità di veloce ritorno alle normali attività quotidiane”.

E i costi?

“A fronte di chiari risultati circa l’efficacia di questo intervento, tuttavia, manca nel nostro Paese un’adeguata programmazione nazionale e regionale, che permetta di soddisfare le richieste crescenti per questo tipo di procedura e metta a disposizione dei centri idonei, per professionalità e requisiti strutturali certificati, risorse dedicate ed adeguate. La Sicilia è un’isola felice da questo punto di vista. La Regione, in assenza di un DRG nazionale, ha deliberato una propria procedura di rimborso per questo intervento, che permette a noi di effettuarlo e ai cittadini che ne hanno bisogno di essere operati. Ma questo, purtroppo, non accade in tutte le Regioni. Eppure basterebbe analizzare con maggiore attenzione i costi di questo intervento che potrà essere certamente più costoso rispetto all’operazione cardiochirurgica di per sé, ma lo è assai meno per i costi connessi al ricovero e alla convalescenza: meno giornate di degenza, da oltre 15 a meno di 7, di terapia intensiva, da 3 a nessuna, possibilità di evitare il ricorso a cure riabilitative”.

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