Strumento clinicamente approvato

Sul “lettino” con Google, quiz a chi
cerca notizie sulla depressione

di oggisalute | 31 agosto 2017 | pubblicato in Attualità
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Da ‘Dottor Google’ a ‘Google psichiatra’. A chi, per ora negli Usa, utilizzerà il motore di ricerca del cellulare per trovare informazioni in tema di depressione – per esempio con dubbi come “Sono depresso?” o “Ho la depressione?” – comparirà il link “Controlla se sei clinicamente depresso”. Cliccandolo, l’internauta potrà rispondere a un quiz diagnostico con 9 domande. Il questionario, chiamato PHQ-9, è uno strumento clinicamente approvato per lo screening della depressione, utilizzato anche dal Servizio sanitario nazionale inglese Nhs.

Lo speciale aggiornamento è stato sviluppato da Google con la National Alliance on Mental Illness (Nami) americana. L’iniziativa viene testata negli Stati Uniti con l’obiettivo di fare sensibilizzazione sulla salute mentale, ma se funzionerà potrebbe estendersi anche in altri Paesi.

“Speriamo che, mettendo a disposizione questo strumento su Google, più persone possano acquistare consapevolezza su un’eventuale depressione e cercare un trattamento che permetta loro di recuperare una buona qualità di vita”, afferma Mary Giliberti, amministratore delegato di Nami, citata dal quotidiano britannico ‘Telegraph’ che ricorda come anche Facebook abbia messo in atto misure ad hoc per identificare utenti depressi o con pensieri suicidari: tecniche di intelligenza artificiale controllano i contenuti dei post, offrendo direttamente a chi scrive frasi ritenute ‘a rischio’ la possibilità di un contatto diretto con i servizi di salute mentale.

Questionari simili a quello proposto da Google sono già disponibili anche nel Regno Unito, ad esempio sul sito Nhs Choices website, con la possibilità di fare autodiagnosi di depressione. Tuttavia gli specialisti di salute mentale si mostrano scettici, raccomandando alle persone di non affidarsi unicamente alla Rete.

“Un’indagine online non è mai un buon sostituto di una visita con il vostro medico di famiglia o con un altro professionista sanitario”, avverte sempre sul Telegraph Rachell Boyd, della charity Mind.

“Tuttavia – ammette – questo tipo di strumenti possono essere utili per incoraggiare le persone a riconoscere un problema reale e a convincersi che esiste la possibilità di trovare un supporto”. Possibilmente un medico in carne e ossa.

(Fonte: Adnkronos)

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