Scoperto ghepardo gigante dell’Argentario, visse 1,5 milioni di anni fa

di oggisalute | 4 giugno 2018 | pubblicato in Attualità
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Il cranio fossile di felide scoperto in Toscana in una cava del Monte Argentario (Grosseto) nella prima metà del ‘900, e rimasto a lungo un mistero per i paleontologi, appartiene a una rara specie di ghepardo gigante vissuta oltre un milione e mezzo di anni fa. La scoperta si deve a un team di fisici e paleontologi delle università di Perugia, La Sapienza di Roma e Verona e dell’European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble (Francia), coordinato da Marco Cherin del Dipartimento di fisica e geologia dell’ateneo perugino. Lo studio, pubblicato su ‘Scientific Reports’, rivista del gruppo Nature, ha impiegato sofisticate indagini al sincrotrone che hanno permesso di svelare l’identità del felide.

Il cranio fossile è stato per la prima volta scansionato con un particolare acceleratore di particelle in grado di generare raggi X a elevata potenza, la cosiddetta radiazione di sincrotrone. Grazie a questa tomografia ad altissima risoluzione – di gran lunga maggiore di quella disponibile con gli strumenti per Tac ospedaliere – i ricercatori sono riusciti per la prima volta a ‘liberare’ virtualmente il cranio dalla sua ‘gabbia’ di roccia. Le immagini 3D ad alta risoluzione hanno rivelato caratteristiche anatomiche prima nascoste, tra cui le suture tra le ossa del palato e la morfologia completa dei denti: alcuni elementi, questi, che hanno consentito di riferire il cranio alla specie Acinonyx pardinensis, il ghepardo gigante del Plio-Pleistocene.

L’identità di molte creature del passato viene spesso celata dalle rocce che per milioni di anni la conservano e racchiudono come fossili. Capita a volte che, dopo il ritrovamento, sia la stessa roccia a ostacolare o addirittura a impedire lo studio dei reperti da parte dei paleontologi. Questo è quanto accaduto al cranio oggetto dello studio, scoperto nella prima metà del ‘900 in una cava del Monte Argentario in Toscana. Il reperto è in buona parte racchiuso in un blocco di roccia rossastra molto compatta, impossibile da rimuovere senza danneggiare il fossile, e che impedisce l’osservazione dei dettagli anatomici utili alla determinazione tassonomica. Per questo la classificazione del fossile non era finora stata facile, tanto che negli anni era stato attribuito dagli studiosi a specie differenti.

Grazie alla ricerca coordinata da Cherin, il cranio del Monte Argentario è stato ora analizzato con le più sofisticate e potenti tecniche tomografiche ad oggi disponibili, già applicate su ominidi e dinosauri, ma mai prima d’ora su un mammifero carnivoro, evidenziando chiaramente che il grande A. pardinensis era in possesso di una combinazione peculiare di caratteri morfologici intermedi tra quelli del ghepardo attuale – cranio relativamente arrotondato, muso corto, denti premolari e molari con cuspidi alte e appuntite – e quelli delle pantere, come il giaguaro e il leopardo.

(Fonte: Adnkronos)

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