Indagine di Doxapharma

Ereditaria e stagionale, i falsi miti
degli italiani sulla Bpco

di oggisalute | 8 maggio 2018 | pubblicato in Attualità
BPCO1

Secondo le proiezioni è candidata a diventare nel giro di pochi anni la terza causa di morte sul pianeta dopo le malattie cardiovascolari e i tumori, eppure la Bpco – broncopneumopatia cronica ostruttiva – per un italiano over 40 su due resta un’illustre sconosciuta. E bastano poche domande all’altra metà che si ritiene informata per capire che l’effettiva conoscenza di questo nemico che ruba il respiro resta molto bassa. La confusione invece è tanta, come anche le false credenze ‘pop’: “E’ una malattia stagionale” (30%), “Si può guarire” (59%), “Si può curare anche con rimedi naturali” (28%), “E’ ereditaria” (22%), solo per citarne alcune.

E’ la fotografia scattata da una delle due indagini condotte da Doxapharma per verificare da un lato quanto ne sa la popolazione generale sulla malattia e dall’altro qual è l’esperienza personale e quotidiana dei pazienti. Il lavoro è stato presentato oggi a Milano nell’ambito del progetto di Gsk Italia ‘Nel nome del paziente: il vissuto, l’ascolto, le risposte terapeutiche’, iniziato lo scorso anno con l’asma. La prima indagine si è concentrata dunque su un campione di 1.000 adulti, donne e uomini over 40. E fa emergere subito una percezione errata della malattia in termini di incidenza e gravità.

Nonostante i numeri: “I dati della medicina generale indicano una prevalenza della Bpco intorno al 3% – spiega Francesco Blasi, ordinario di Malattie respiratorie dell’università degli Studi di Milano – In realtà, se andiamo a vedere i dati epidemiologici raccolti facendo la spirometria nella popolazione, in tutto il mondo la prevalenza è fra il 6 e il 9%. Il che vuol dire che in Italia possiamo aspettarci circa 5 milioni di pazienti con la Bpco e di questi circa la metà con una forma moderata-grave o molto grave, cioè persone in cui la funzione respiratoria è alterata in maniera importante”.

L’indagine, però, mostra come proprio nella fascia di popolazione in cui si concentra il grosso dei casi, la consapevolezza resti bassa. Davanti a una lista di patologie di cui si potrebbe aver sentito parlare di recente, la Bpco è la meno citata. All’ultimo posto dietro ipertensione, artrosi, diabete, emicrania e asma. Poco più di uno su 2 sa che è una malattia diffusa (56%), sebbene il 73% sia consapevole del fatto che è una patologia cronica, e l’83% riconosca la tendenza a sottostimarne la gravità. Sulle cause scatenanti c’è più certezza, ma non manca la confusione: anche se 2 persone su 3 riconoscono correttamente fra le principali il fumo, l’inquinamento e l’ambiente di lavoro malsano, c’è anche chi usa la fantasia e cita la scarsa igiene, la cattiva alimentazione, lo stress. E chi scambia per ereditarietà quella che può essere invece “una predisposizione genetica alla malattia – chiariscono gli specialisti – se esposti a fattori di rischio come il fumo”.

Poco più della metà della popolazione riconosce la necessità di assumere i farmaci quotidianamente e con regolarità, la restante parte non sa esprimersi o pensa sia sufficiente un utilizzo “al bisogno”. Tutti però percepiscono come gravi e molto gravi i disturbi della Bpco, sebbene solo la metà ritenga che chi ne soffre debba affrontare delle rinunce, adeguando la sua vita alla patologia. “Cosa fa la differenza nella conoscenza della Bpco? L’avere un malato in famiglia”, sottolinea Gadi Schoenheit, vice president Doxapharma.

Lo testimonia l’11% degli intervistati che racconta l’esperienza dei propri cari e la frequenza di sintomi come la tosse cronica, la fame d’aria, il respiro sibilante, il peso sul petto. Molti ricordano le crisi acute, forti attacchi che impedivano al familiare malato di respirare – il 35% nell’ultimo anno – ma anche la necessità di correre in pronto soccorso o di ricovero in ospedale, esperienza comune a cui il 63% ha assistito da una a molte volte. Ma i parenti testimoniano anche casi frequenti di non corretta aderenza alle terapie, con un 8% che addirittura racconta di familiari malati che usano l’erogatore solo in caso di emergenza.

(Fonte: Adnkronos)

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