Il caso

Speranze per Charlie, ospedale
cura un bimbo in condizioni simili

di oggisalute | 7 luglio 2017 | pubblicato in Attualità
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I ricercatori della Columbia University di New York hanno messo a punto un trattamento sperimentale per Art Jr, un bimbo di Baltimora di 6 anni, che soffre di una sindrome simile a quella del piccolo Charlie, pur meno grave. Lo riferisce il ‘New York Times’, dopo che il New York-Presbyterian Hospital/Columbia University Medical Centre si è offerto di inviare un farmaco sperimentale al Great Ormond Street Hospital di Londra, dove dovrebbero essere fermati i macchinari che tengono in vita il bambino inglese di 11 mesi, o di ospitare il paziente se si potrà trasferire.

Il papà di ‘Arturito’, Art Estopinan, ha spiegato di essere stato contattato dai genitori di Charlie e di avere chiesto ai ricercatori della Columbia University se potevano aiutare il bimbo britannico. Il piccolo Art aveva 18 mesi quando, nel 2012, i medici gli hanno diagnosticato una forma di deplezione del Dna mitocondriale. Secondo i sanitari, il bambino avrebbe avuto al massimo 2 mesi di vita. “Tutti mi ripetevano che non c’era cura”, ricorda l’uomo.

Il trattamento sperimentale, denominato terapia nucleosidica, non è approvato dalla Food and Drug Administration, ma in casi eccezionali può essere richiesto all’autorità regolatoria il via libera all’uso compassionevole. Il padre di Art dice che grazie alla cura il figlio si fa più forte, con miglioramenti lenti ma costanti. Il bambino non riesce a camminare, ma può muovere le mani e i piedi. Respira con l’aiuto di un ventilatore, viene alimentato attraverso un tubo e necessita di assistenza continua. “Ci siamo fatti avanti – precisa l’uomo – perché e mia moglie crediamo che il piccolo Charlie Gard dovrebbe avere una chance, perché pensiamo che ci sia una speranza”.

“Noi non siamo genitori cattivi, siamo lì per tutto il tempo, siamo completamente devoti” a Charlie, “non ha dolori e sofferenze e prometto a tutti che non vorrei stare lì a guardare mio figlio nel dolore e nella sofferenza, non potrei farlo”. Connie Yates, la mamma del bimbo inglese affetto da una grave malattia rara, torna a parlare in tv a ‘Good Morning Britain’ e spiega che 5 dottori da tutto il mondo credono che ci sia una possibilità su 10 di migliorare i suoi sintomi se il piccolo viene sottoposto al nuovo trattamento offerto in America. La donna è appesa a ogni speranza e ricorda anche il caso di due bimbi con malattie genetiche simili a quella del figlio, che “stanno vivendo vite normali” pur con il supporto della ventilazione.

Verrà quindi presentata la nuova ricerca scientifica messa insieme dai 5 esperti: due della Gran Bretagna, uno dall’Italia, uno dalla Spagna e il medico Usa che ha voluto aiutarli fin dal primo giorno.

Connie dice che ci sono nuove evidenze del fatto che farmaci sperimentali potrebbero salvare la vita di Charlie. “Speriamo di avere buone notizie più tardi – si augura – Tutto quello che vogliamo sono 2 o 3 mesi per sapere se qualcosa funziona, se c’è la possibilità per lui di crescere come un bambino normale, ma non lo sappiamo. Perché non si può sapere finché non si prova”.

Quanto all’intervento del Papa, la donna chiarisce che è arrivato dopo che lei gli ha scritto una lettera. “Ci dà sicuramente speranza, perché non ci era più rimasta. Charlie stava per morire venerdì e avete visto il video che abbiamo fatto, eravamo assolutamente devastati. Non avevamo controllo su quello che stava per accadere, sul modo in cui sarebbe stato fatto”. Poi lo stop ai supporti che tengono in vita Charlie “sarebbe dovuto essere lunedì, ma anche la Casa Bianca era entrata in gioco e penso che poi questo abbia cambiato le cose”.

La mamma di Charlie entra nel dettaglio spiegando che i 5 medici “sono tutti specializzati in questa particolare malattia”. Tra questi ci sono “un neurologo pediatrico e un altro neurologo”.

La madre del piccolo, che ha precisato anche di non aver scritto al presidente Usa Donald Trump, durante l’intervista a ‘Good Morning Britain’ si chiede “come possa essere considerato legale porre fine alla vita di Charlie quando c’è una chance. È nel suo migliore interesse che gli venga data una chance per vivere”, conclude.

(Fonte: Adnkronos)

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