Al Senato convegno su nuove frontiere del trattamento

Ematologi: immunoncologia
cardine contro i tumori

di oggisalute | 10 dicembre 2015 | pubblicato in Attualità
sangue piastrine

Per il 96% degli ematologi italiani l’immunoncologia diventerà sempre più un trattamento cardine contro il cancro. Ma è essenziale investire più fondi nella ricerca. Infatti per il 98% degli specialisti il farmaco innovativo deve essere considerato una risorsa, perché offre una speranza di lungo-sopravvivenza (69%) e rallenta la progressione della malattia (23%). Senza dimenticare l’impatto sulla qualità di vita grazie a un profilo di tossicità ottimale.

Sono i principali risultati del sondaggio condotto lo scorso novembre a cui hanno risposto circa 250 ematologi, presentati oggi al Senato in un incontro con i giornalisti dedicato alle “Nuove frontiere dell’ematologia e la sfida della sostenibilità. Le prospettive offerte dall’immuno-oncologia”. “La qualità dell’assistenza sanitaria nel nostro Paese – spiega  Fabrizio Pane, presidente della Società Italiana di Ematologia (SIE) – si colloca al di sopra della media OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), anche se i livelli di spesa sanitaria sono inferiori ad altri Paesi a alto reddito”.

Infatti la sanità costa agli italiani l’8,8% del Pil (rapporto OCSE, Health at a Glance 2015), molto meno che agli olandesi (11,1%), ai tedeschi (11%), agli svedesi (11%), ai francesi (10,9%), e la metà che ai cittadini statunitensi (16,4%). “La sfida della sostenibilità può essere vinta solo grazie all’innovazione, che permette di evitare l’uso non appropriato dei farmaci e spesso determina benefici economici a lungo termine – continua Pane -. Va ricordato che proprio l’ematologia ha aperto più di 10 anni fa la strada alle cosiddette molecole intelligenti, che sono state applicate con successo anche nel trattamento delle neoplasie solide. Le terapie mirate hanno rivoluzionato ad esempio la cura delle leucemie, agendo in modo selettivo sul difetto molecolare. E oggi si apre una nuova era con l’immuno-oncologia che sta evidenziando risultati importanti nel mieloma multiplo, un tumore del sangue che ogni anno in Italia colpisce circa 4.500 persone. In particolare una nuova molecola immuno-oncologica sperimentale, elotuzumab, ha ridotto in maniera significativa il rischio di progressione della malattia e ha dimostrato un aumento relativo del 44% della sopravvivenza libera da progressione”.

“Tra accademia e industria farmaceutica – continua Pane – si sono sviluppate strategie terapeutiche integrate di pieno successo. Manca ancora questa collaborazione fra industria, clinici, decisori in sanità e associazioni dei pazienti. Non si è ancora realizzato un sistema integrato che riunisca allo stesso tavolo questi attori. L’obiettivo è mettere a fuoco una strategia globale, per portare benefici concreti al sistema Paese e rendere accessibili a tutti le terapie innovative. Sempre rispondendo al principio dell’appropriatezza. Solo così potremo risolvere le criticità che ancora oggi dobbiamo affrontare”. Complessivamente ogni anno circa 28mila italiani sono colpiti dai tumori del sangue. Sono decisamente migliorati i tassi di guarigione.

“L’incidenza delle leucemie è in crescita ma oggi la sopravvivenza a cinque anni per tutte le forme si aggira intorno al 43% negli adulti e raggiunge il 69% nella leucemia linfatica cronica – sottolinea  Mario Boccadoro, Direttore Dipartimento di Oncologia ed Ematologia, Città della Salute e della Scienza di Torino -. È essenziale identificare nuove armi che consentano non solo un prolungamento della sopravvivenza ma anche una buona qualità di vita. In questo senso le prospettive offerte dalla immuno-oncologia sono davvero importanti”.

Questo nuovo approccio, che rinforza il sistema immunitario contro il cancro, ha già evidenziato risultati decisivi nel trattamento dei tumori solidi. In particolare il melanoma ha rappresentato il candidato ideale per la sua applicazione. Oggi il 20% dei pazienti colpiti da questo tumore della pelle in fase avanzata è vivo a 10 anni dalla diagnosi. E passi in avanti sono stati compiuti in neoplasie frequenti come quelle del rene e del polmone, che ogni anno nel nostro Paese fanno registrare 12.600 e 41.000 nuove diagnosi.

Come emerge dal sondaggio, i principali vantaggi offerti dall’immunoncologia sono rappresentati dall’aumento della sopravvivenza, dalla riduzione degli effetti collaterali, dai maggiori benefici a lungo termine e dalla migliore adesione alle terapie da parte del paziente. “La terapia del mieloma multiplo si è basata per molti decenni sulla somministrazione di farmaci chemioterapici a basse dosi, con l’eventuale aggiunta della radioterapia – afferma Michele Cavo, direttore Istituto di Ematologia e Oncologia Medica ‘L. A. Seràgnoli’ Università degli Studi-Policlinico S. Orsola-Malpighi Bologna -. I risultati ottenuti però sono stati modesti, per l’elevata resistenza delle cellule tumorali ai trattamenti utilizzati. In seguito, l’applicazione del trapianto di cellule staminali ha migliorato i risultati, ma ancora più rilevante è stato l’impatto derivante dall’uso dei ‘nuovi farmaci’, non chemioterapici. Tra questi, i farmaci immuno-oncologi aprono nuove prospettive di terapia, sia per il loro meccanismo d’azione che permette di controllare con più efficacia la malattia, che per l’ottimo profilo di tossicità che li rende ‘partner’ ideali di altre terapie target”.

La malattia si manifesta quando una plasmacellula, un tipo di cellula presente nella parte centrale del midollo osseo, diventa cancerosa e si moltiplica senza controllo. Nel nostro Paese il 42% delle persone affette da questo tumore del sangue è vivo a cinque anni dalla diagnosi. “Uno dei sintomi tipici è rappresentato dal dolore alle ossa, infatti i bifosfonati vengono utilizzati per ridurre il disturbo e il rischio di fratture ossee –  spiega Antonio Palumbo, direttore Clinical Trial in Oncoematologia e Mieloma multiplo, Città della Salute e della Scienza di Torino -. Il trapianto viene eseguito utilizzando le cellule staminali del paziente o di un donatore sano. Generalmente, gli over 65 sono esclusi dall’intervento: si tratta di una convenzione, non necessariamente applicabile in qualunque situazione. Infatti, possono esservi pazienti con età superiore a 65 anni ma in ottime condizioni fisiche in grado di affrontare un trapianto e persone più giovani con patologie associate che precludono questa procedura”.

“La SIE – continua Pane – vuole impegnarsi in campagne di sensibilizzazione sull’immunoncologia, infatti il 46% degli specialisti ritiene che siano strumenti fondamentali di aggiornamento insieme a convegni dedicati”. Per un italiano su due (54,3%) i nuovi farmaci rappresentano le innovazioni tecnologiche e sociali che daranno maggiore impulso al cambiamento della vita in Italia nel prossimo futuro (Censis).

“Le iniziative di informazione dovrebbero essere indirizzate non solo ai clinici ma anche ai pazienti – conclude Laura Del Campo, responsabile Affari Generali della Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) -. I tumori infatti costituiscono l’area terapeutica in cui più si stanno concentrando gli sforzi di investimento per l’innovazione. Da un lato migliora la sopravvivenza dei malati oncologici, dall’altro si radica la convinzione che guarire dal cancro è possibile”.

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