Lo studio dell'Oms divide l'opinione pubblica

Carne cancerogena: eccessivo
allarmismo o giusta cautela?

di oggisalute | 2 novembre 2015 | pubblicato in Attualità
carne

L’allarme lanciato dall’Oms sugli effetti cancerogeni di carni rosse e lavorate sull’uomo non smette di dividere l’opinione pubblica. Se da un lato c’è chi plaude all’ufficialità di una notizia già nota da molti anni, dall’altro c’è chi tende ad evitare gli allarmismi.

“Il report dell’Oms, pubblicato sul numero di ottobre di Lancet Oncology, conferma quanto già dal 2007 era noto, e cioè che il consumo di carne favorisce il cancro: il report ha esaminato oltre 800 studi sull’argomento. Non pochi: chi tenta disperatamente di negare l’evidenza dovrebbe accettare questa realtà”. Lo scrive in una nota la Società scientifica di nutrizione vegana.

In particolare, una metanalisi presa in esame mostra che per ogni 100 grammi di carne rossa consumati al giorno il rischio aumenta del 17% mentre per ogni 50 grammi di carne trasformata il rischio aumenta del 18%. Sono state trovate inoltre associazioni con il cancro allo stomaco, pancreas e prostata, portando l’Oms a definire la carne rossa “probabilmente cancerogena” e quella trasformata “cancerogena” per la nostra specie: “Questo dato, – denuncia ancora la Ssnv – da tempo già noto, è stato per anni tenuto nascosto alla popolazione, in barba alla tutela della salute pubblica”.

“Già nel 2007, infatti, il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (Wcrf) – si legge ancora nella nota – classificava come ‘convincente’ l’aumento del rischio del cancro del colon-retto riconducibile al consumo di carni rosse e trasformate, e una delle 10 raccomandazioni per la prevenzione del cancro (per l’esattezza la quinta) così recitava: ‘Limitare il consumo di carni rosse (ovine, suine e bovine, compreso il vitello) ed evitare il consumo di carni trasformate'”.

Dichiara la dottoressa Luciana Baroni, medico, nutrizionista, presidente della Società scientifica di nutrizione vegetariana: “Questa è però solo una parte della storia: nel 2011 un grosso studio condotto dalla Harvard School di Boston riportava come su un campione di oltre 200 mila soggetti, il consumo di 1 porzione al giorno di carne rossa aumentava il rischio di diabete di tipo 2 del 12%, mentre quello di carne trasformata del 32%. Su un campione più ampio, che ha incluso più studi per un totale di circa 450 mila soggetti, il consumo di 100 grammi di carne rossa al giorno aumentava il rischio di diabete mellito di tipo 2 del 19%, e quello di 50 g di carne trasformata del 51%”.

Dall’altro lato, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin ha dichiarato che dall’Oms è stato fatto allarmismo ed in modo ingiustificato. “Abbiamo chiesto di avere lo studio completo – ha detto – e ci è stato risposto che non è pronto”. Lo studio dell’Organizzazione mondiale della sanità sul rischio di cancerogenesi legato alla carne rossa e lavorata, ha spiegato Lorenzin a margine della celebrazione al Quirinale del cinquantesimo anniversario dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), ”noi non lo abbiamo. Ne abbiamo vista una sintesi sulla rivista Lancet. Abbiamo chiesto di avere il testo completo, ma ci dicono che lo studio non sarà pronto prima della metà del 2016. Intanto però – ha affermato – allarmismo è stato fatto, ed in modo ingiustificato”.

Commenti

  1. Allarmismo e poi salta fuori……..la
    Dieta Mediterranea,
    sembra proprio che ogni tanto ritorni alla ribalta per essere poi dimenticata sull’altare di una alimentazione globalizzata, usata al bisogno dunque, maltrattata in vero. Per assurdo anche gli allarmismi e le accuse a “carni rosse ed insaccati” rientrano in questa “strategia della confusione”. Tutto và letto e denunciato in un contesto più ampio, chiaro e verificato, altrimenti parliamo del nulla. Infatti tali alimenti se trattati secondo i normali criteri di accuratezza e vengono usati specifichi controlli, che in Italia sono prassi consolidata, risultano altamente nutritivi, soprattutto per i giovani e gli adolescenti, ed in linea con le nostre specifiche tradizioni. Certo parliamo di “certezza sulla provenienza” e sul loro “specifico trattamento secondo procedure” secondo i semplici criteri standardizzati, proponendo ciò che è sancito appunto nella dieta mediterranea cioè : “ loro assunzione per una o due volte alla settimana massimo”. Nella alimentazione mediterranea prevalgono alimenti di origine vegetale, prodotti a base di farine integrali o poco raffinate ed in genere di alimenti poco lavorati o lavorati con la tipica semplicità contadina di un tempo, direi quasi “poveri” . Orbene oggi l’alimentazione mediterranea tipica è seguita da un solo 1 italiano su 5, distratti come siamo dall’afflusso di sponsorizzazioni selvagge e da una quotidianità più europea/anglofila che mediterranea, e meno male che gli inglesi neanche fanno parte della comunità europea. Abbiamo perso le nostre radici, abitudini, o magari abbiamo perso i nostri convincimenti e ci siamo fatti coinvolgere da criteri non in linea con la nostra tipologia di popolo dell’area del mediterraneo. Se ne sono accorti anche gli Epidemiologi dell’A.i.e. riuniti nel loro 39° Congresso nazionale ( 20-23 ottobre c.a. ) appena concluso per fare il punto della situazione attuale. Anche loro testimoniano, per come accertato da più studi ed in più occasioni, che il 40% di tutto il carico di malattia degli italiani, cioè delle morti e malattie precoci, è attribuibile all’alimentazione o meglio ad una cattiva alimentazione. Il vero problema nasce anche dalla mancata riduzione del contenuto di zuccheri, sale e alcool, assai presenti nelle abitudini stranite dei cittadini italiani, sottoforma di aperitivi, bibite, manifatture di alimenti con procedure d’oltre frontiera, uso di olio e/o latticini di dubbia provenienza etc. Questo mentre rivediamo le nostre piantagioni di vigneti, oliveti e verdure varie a scapito dei territori ( piantagioni autoctone in disfacimento o sostituite impropriamente ) magari con la benedizione della programmazione della Comunità Europea, muti e solerti. Certo l’argomento è di tipo politico-gestionale. Abbiamo dunque bisogno di Uomini che conoscano l’argomento e lo sappiano discutere nei luoghi del Potere, si dice così, non di grida di allarme impostati sulla falsariga di piccoli squarci di verità. I benefici della dieta mediterranea non si riscontrano solo nei soggetti sani. Sapevamo già che la qualità di vita e la sopravvivenza migliorano nei portatori di malattie cardiovascolari, di patologie dismetaboliche e in soggetti con patologie oncologiche, che seguono questo regime alimentare Sapevamo che per l’emergenza delle malattie croniche, anche quelle neurologiche e per l’obesità gli interventi di prevenzione messi in campo sino ad oggi non risultano sufficienti, ma devono essere utilizzati degli strumenti normativi più efficaci quale per esempio può essere l’incremento della tassazione sulle bevande ad alto contenuto di zuccheri, di sale, di alcool di grassi e sostanze aggiuntive frutto di sfruttamento di popoli e non salutari in modo tale che le normative stesse obblighino e spingano l’industria a ridurre il contenuto di dette sostanze negli alimenti industriali, al fine di riallineare gli interessi dell’industria, oramai prevaricante, con le reali esigenze dei cittadini e con i reali obiettivi di salute pubblica. Una visual ampia e una base di conoscenza appropriata che si muove con portatori di interessi di salute reale, scevra da interessi di parte e del momento, può aiutarci a ricollocare nel giusto verso la nostra mediterranea popolazione, volendolo veramente

Lascia un commento

Protezione anti-spam *