Perché le proteine non fanno più il proprio dovere?

All’origine di Alzheimer, Parkinson e Sla, uno “sciopero di spazzini”

di valerio droga | 7 luglio 2014 | pubblicato in Ricerca
monnezza

Ricordate le immagini della “monnezza” in Campania? Cumuli di spazzatura che intasavano le vie delle città rendendo impossibile perfino il transito dei mezzi e delle persone, senza contare il rischio di malattie infettive. Bene, adesso immaginate che questo accada nel nostro cervello. Quale sarebbe il risultato? Il risultato è l’insorgenza di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, ma anche il Parkinson, la Sla o la demenza frontotemporale. Almeno è quanto ci dicono i ricercatori con vari studi, ultimo dei quali una ricerca internazionale, pubblicata su Science translational medicine, che ha coinvolto ricercatori dell’università Ludwig-Maximilians di Monaco, dell’università autonoma di Barcellona e l’istituto di ricerca biomedica Sant Pau.

La colpa sarebbe da imputare a una mutazione genetica di una proteina chiamata Trem2, che andrebbero a incidere sulle cellule della microglia, cellule cerebrali che hanno il compito di fagocitare o comunque smaltire i rifiuti proteici di altre cellule. Insomma, proprio quello che succede quando gli operatori ecologici decidono di scioperare. In realtà è come se nessuno desse più i compiti di lavoro agli spazzini, ovvero le cellule di microglia. Il risultato è che queste sostanze di scarto finiscono per accumularsi nel cervello stesso sotto forma di fibre amiloidi, materiale insolubile.

In verità già da anni è noto che mutazioni della Trem2 siano all’origine di malattie neurodegenerative molto aggressive e rare, come la malattia di Nasu-Hakola, la malattia di Pick o la demenza frontotemporale (Ftd). Studi più recenti hanno poi collegato altre mutazioni della Trem2 a patologie neurodegenerative più comuni, come l’Alzheimer appunto, il Parkinson o la sclerosi laterale amiotrofica (Sla).

Questa nuova ricerca spiega come la proteina in salute, ovvero senza mutazioni genetiche, regoli il sistema di smaltimento delle cellule microglia. Christian Haass e Gernot Kleinberger hanno condotto dei test prima su colture di cellule microgliali e poi su pazienti con malattia di Alzheimer e Sindrome frontotemporale. Nel primo caso hanno osservato che in presenza di mutazioni nel Trem2, la proteina non raggiunge la membrana cellulare e quindi le cellule non hanno come smaltire i rifiuti proteici, che si accumulano così negli spazi extracellulari cerebrali. Nel secondo caso hanno potuto osservare come i pazienti di Alzheimer tendevano ad avere livelli bassi di Trem2 nel liquido cerebrospinale e nei pazienti con Ftd mancava del tutto questa proteina.

“Anche se dobbiamo ancora continuare la ricerca, questi risultati suggeriscono che la proteina Trem2 gioca un ruolo fondamentale nell’eliminazione degli amiloidi e altri aggregati proteici – spiega Marc Suárez-Calvet – e un suo malfunzionamento può accelerare i processi neurodegenerativi. Questo, potrebbe anche essere un utile indicatore di malattie neurodegenerative”.

Di contro, secondo i ricercatori, la stimolazione delle funzioni di Trem2 potrebbe essere una strategia utile nel combattere le malattie neurodegenerative: “Sarebbe bello continuare con la ricerca e osservare se agendo sulla Trem2 per ripristinare o aumentare la sua attività potrebbe essere un efficace trattamento di diverse patologie neurodegenerative”, conclude Albert Lleó.

Al di là della ricerca farmacologica, per sintetizzare cioè una molecola che eventualmente potrebbe stimolare la proteina o direttamente le cellule della microglia, ci sarebbe da chiedersi perché mai queste cellule impazziscano, perché mai avvenga questa mutazione genetica. Non ci stupiremmo se, accanto a eventuali predisposizioni genetiche, si scopra che la causa originaria possa essere ricondotta a cattive abitudini alimentari e in generale un cattivo stile di vita.

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