Un'indagine demoscopica dell'organizzazione YouGov Uk

Vertigini, paura dei serpenti o di parlare in pubblico
La classifica delle fobie più diffuse

di valerio droga | 26 marzo 2014 | pubblicato in Dipendenze,Psicologia e sessualità
aracnofobia

Chi non ha paure, magari irrazionali, che lo limitano in molte situazioni della vita alzi la mano. Si tratta di vere e proprie fobie, alcune perfino ridicole. Non c’è da stupirsi, tuttavia, se si dovesse scoprire che proprio chi ci deride soffra a sua volta di un’altra fobia non meno ridicola. Risa a parte, una paura può trasformarsi in un vero e proprio limite per la vita sociale e non solo, un handicap che ci impedisce di farci il bagno al mare o prendere un aereo, distenderci su un prato o affacciarci a un balcone, entrare in ascensore o passeggiare liberi per strada. Meduse, tracine, rischio di incidenti, zecche, ragni, serpenti, vertigini, paura del vuoto o degli spazi chiusi, terrore di incontrare un cane randagio eccetera eccetera. L’elenco potrebbe continuare forse all’infinito, dalle fobie più comuni a quelle più singolari e bizzarre.

Molte sono ataviche, depositate nel subconscio collettivo e rispondono a un istinto di sopravvivenza, come la paura del sangue, di oggetti acuminati, delle altezze o di alcuni animali; altre sono alimentate da film che si sono depositati nel nostro subconscio individuale: vi dicono niente titoli come Lo squalo, Aracnofobia, Psycho Gli uccelli di Hitchcock, It il pagliaccio o pellicole sui disastri aerei? A mettere ordine a questo elenco ci ha pensato l’organizzazione YouGov Uk, che ha condotto un’indagine sulle paure più diffuse.

Al primo posto, come forse è prevedibile, c’è l’acrofobia, ovvero la paura delle altezze. Sono davvero in pochi coloro che restano indifferenti trovandosi a decine di metri dal suolo, mentre i più vengono presi da un senso di vertigine. Luoghi di terrore sono i balconi, le scale, dirupi naturali e alcuni monumenti.

L’argento spetta a un’altra paura atavica, l’ofidiofobia, meglio nota come paura dei serpenti, che colpisce soprattutto le donne. Il rettile, che spesso tende a “farsi i fatti suoi” ignorando l’uomo, viene percepito invece come l’animale più pericoloso. In verità, soprattutto per quelli velenosi, mordere e iniettare una dose di veleno risulta essere un suicidio, l’extrema ratio, perché non avrebbero per diverso tempo più scorte per uccidere quelle piccole prede di cui invece si cibano, rischiando di morire di fame, quindi ricorrono a questa arma, come forma di difesa e non di predazione, solo in caso di vera minaccia. Perché allora così tanta paura? Ne è complice il mito di Adamo ed Eva o a sua volta è il risultato di una paura che lo precede? In ogni caso si tratta di qualcosa di atavico e, proprio per il fatto di essere così diffuso e trasversale ai vari popoli, può far pensare a un’origine forse connaturata con l’uomo, manifestazione dell’inconscio collettivo. Per Jung, anzi, è esso stesso rappresentazione simbolica dell’inconscio collettivo. Tantissime culture lo collegano alla conoscenza, la sapienza, all’evoluzione interiore, allo Spirito Santo e alla Dea madre, il culto più antico dell’umanità. Nella stessa Bibbia e nel mito babilonese che lo precede, il serpente è l’essere che dona all’uomo, passando non a caso per la donna, il “frutto della conoscenza del bene e del male“, che gli consente di evolversi dallo stato animale a quello umano, liberandosi dell’istinto e accedendo quindi al libero arbitrio e alla responsabilità delle proprie azioni, pur andando incontro così a possibili sofferenze nel caso in cui ci si allontani dalla “retta via”. Non è quindi difficile comprendere come dall’uomo possa essere stato identificato in maniera miope con il diavolo. Lo stesso Gesù invita gli uomini ad essere “saggi come serpenti“. Questa fobia rappresenta quindi forse proprio la paura di crescere, il volere restare ‘bambini’, sfuggendo alle proprie responsabilità.

Al terzo posto, troviamo la paura di parlare in pubblico, o glossofobia. Ci sono corsi veri e propri di public speaking, non solo per imparare a parlare di fronte a tanta gente ma soprattutto per superare la paura di farlo. Si va dalla fobia di parlare a un vero e proprio pubblico a quella, più patologica, di prendere la parola all’interno di un gruppo di persone che magari non si conoscono bene.

Appena giù dal podio c’è la famosissima (merito anche di un fortunato film horror) aracnofobia, la paura dei ragni. Anche in questo caso a soffrirne particolarmente sembrano essere le donne, ma molti uomini non sono da meno. Un vero e proprio handicap per chi ama l’aria aperta e non può regalarsi un picnic o anche una semplice passeggiata in campagna.

E che dire della claustrofobia? Si tratta della quinta paura più diffusa. Ad alcuni il solo pensiero di rimanere bloccati in ascensore fa mancare il respiro. Puoi sempre prendere le scale, anzi fa bene alla salute, ma non si tratta esattamente di una sciocchezza se abiti all’undicesimo piano! E arriviamo alla musofobia. No, non si tratta della paura dei musi degli animali, anche se ci siamo vicino. Squit squit! Già, è la fobia dei topi, molto rappresentata negli sketch comici, prestandosi particolarmente a una rappresentazione dinamica e quindi filmica.

Conoscete la belonefobia? Eppure occupa la settima posizione. Forse non ne siete affetti ma di certo da bambini lo eravate: chi non è mai scappato di fronte a una siringa ritrovando improvvisamente tutte le forze e la salute che sembrava mancargli fino a un momento prima? La paura degli aghi, ma non solo. Chi ne soffre temi ogni oggetto appuntito, fosse pure uno spillo o un coltello e che spesso si accompagna al terrore alla vista del sangue, che invece si trova in dodicesima posizione.

All’ottavo posto c’è la paura di volare, la pteromeranofobia, che assume forma più specifica di aerofobia se si limita alla paura di viaggiare in aereo, che si tratti della vertigine nel guardare fuori dal finestrino o della paura di rimanere vittima di un incidente. Al nono posto c’è poi l’agorafobia, la paura cioè degli spazi aperti, ovvero il sentirsi esposti, senza possibili luoghi di riparo e rifugio. Nella stessa posizione c’è una paura per certi aspetti simile, quella della folla, o enoclofobia. Chi ne soffre può dire addio a concerti, manifestazioni di piazza o a cose meno piacevoli come le file al botteghino o allo sportello postale.

Al decimo posto – e ditemi se qui non c’è lo zampino del cinema horror! – troviamo la paura dei pagliacci, battezzata coulrofobia. Colpisce i bambini ma anche gli adulti. E non pensate di curarla con la clownterapia! Una fobia che spesso va via con l’età è invece la nictofobia, cioè la paura del buio, luogo dell’ignoto per eccellenza, spesso accompagnata dalla paura di tutto ciò che è scuro o nero: dall’uomo al lupo nero.

Al dodicesimo posto si piazza la già citata emofobia, ovvero la paura del sangue, la cui semplice vista può fare arrivare perfino allo svenimento. L’ultima posizione di questa classifica spetta invece al terrore per i cani, la cinofobia. Negli anni pare che la diffusione di questa paura sia diminuita, accompagnandosi a una progressiva diffusione della cinofilia, forse anche grazie a una maggiore severità nel punire le lotte clandestine fra cani e a un addestramento mirato meno al cane come mezzo di difesa (spesso duro e repressivo, stimolandone di contro l’aggressività) e più come amico dell’uomo.

Commenti

  1. Romina Elisa scrive:

    La mia, di sicuro, è la cinofobia!
    Per quanto riguarda l’ofidiofobia, mi pare di ricordare che, anticamente, il serpente era anche il simbolo della salute o della guarigione, infatti permane ancora come emblema delle farmacie.
    Come sempre, interessante articolo, anche se questa volta ho rischiato di interrompere la lettura poiché avevo letto “belenfobia” anzichè belonefobia. Che si potesse avere la fobia di Belen, non avrei potuto accettarlo!
    Scherzi a parte, hanno tutti dei nomi complicati, queste fobie. Lo so, lo so che sono di origine greca o latina, ma conosco gente che chiama l’aracnofobia “ragnopapagnofobia”! :D

    • oggisalute scrive:

      E la paura della folla follafobia! :)
      Sì sì, era il bastone di Asclepio, il dio della salute. Era un bastone con un serpente attorcigliato, simbolo di evoluzione e anche di rinnovamento, per il cambio di pelle. Era una sorta di bastone sciamanico capace di guarire da ogni malattia.
      Spesso viene associato al caduceo, il bastone di Hermes, il messaggero degli dèi, che in origine era l’araldo dei commercianti e i messaggeri, appunto, capace di riportare l’equilibrio nelle discussioni, dirimendo ogni lite. Associato poi all’ermetismo quindi all’alchimia e poi alla farmaceutica. Due serpenti si attorcigliano su un bastone diritto che termina con due ali. Simboleggia in parte anche il sistema sottile umano: i due canali laterali (yang e yin) terminano in due emisferi, ego e superego, sistemi chiusi, e spesso prendono sentieri tortuosi, mentre il terzo canale, quello centrale e diritto, è la “retta via”, va oltre la mente, sopra la quale si apre all’infinito come le ali di un uccello.
      Sia il serpente sia l’uccello sono simboli della Dea Madre e dello Spirito Santo, entrambi rappresentano il rinnovamento e la rinascita: il serpente cambia pelle, l’uccello nasce due volte (la prima quando viene alla luce sotto forma di uovo, sistema chiuso, la seconda quando l’uovo si schiude e può quindi poi prendere il volo: è la rinascita spirituale, simboleggiata anche dalla rottura dell’uovo nella Pasqua cristiana). I due simboli valorizzano ora la purezza ora la conoscenza. Lo stesso Gesù dice “siate puri come colombe e sapienti come serpenti”.

Lascia un commento

Protezione anti-spam *