La ricerca si basa sui dati raccolti in Europa in 12 anni

Inquinamento atmosferico, uno studio mostra come aumenti il rischio di infarto e angina

di oggisalute | 30 gennaio 2014 | pubblicato in Ricerca
smog

Che lo smog facesse male ai polmoni lo sapevamo già, ma che aumentasse il rischio di infarto e angina appare una novità. Per la prima volta è stato dimostrato che l’esposizione cronica ad inquinamento dell’aria prodotto dagli scarichi di veicoli, dalle industrie e dagli impianti di riscaldamento, anche al di sotto delle attuali limiti permessi dalle leggi in vigore in Italia e nell’Unione Europea, è fortemente collegata all’incidenza di infarto ed angina.

Lo studio che si fonda sull’analisi dei dati del gruppo Escape (European study of cohorts for air pollution effects, coordinato dall’università di Utrecht in Olanda) sugli effetti dannosi dell’inquinamento, pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica internazionale British medical journal, è stato coordinato dal Dipartimento di epidemiologia del Lazio e dalla Città della salute di Torino. Sono stati esaminati più di 100 mila soggetti residenti in sette città di cinque paesi europei.

Lo studio stima che per ogni aumento nella media annuale di esposizione a particolato (le particelle di diametro inferiore a 10 micrometri, PM10)  di 10 µg/mvi è un aumento del rischio di attacchi cardiaci del 12 per cento. Le concentrazioni medie annuali degli inquinanti (ossidi di azoto e particolato) sono state stimate alla residenza di tutti i soggetti partecipanti, utilizzando modelli di regressione land-use. I soggetti in studio sono stati seguiti per circa 12 anni e più di 5 mila hanno avuto un primo infarto o un ricovero per angina instabile.

In Italia lo studio è stato condotto a Roma (Dipartimento di epidemiologia del Lazio) e Torino (Centro per l’epidemiologia e la prevenzione oncologica in Piemonte della Città della salute e della scienza dell’Università di Torino), coinvolgendo complessivamente circa 14 mila persone. Hanno collaborato allo studio numerosi enti tra cui le agenzie ambientali dell’Emilia-Romagna, del Lazio e del Piemonte. L’associazione tra esposizione prolungata a particolato e incidenza di infarto e angina è stata confermata anche tenendo conto di diversi fattori individuali, come l’abitudine al fumo, lo stato socio-economico, l’attività fisica, il livello di istruzione e l’indice di massa corporea.

I risultati mostrano che il particolato è l’inquinante più dannoso, anche per concentrazioni sotto i limiti consentiti dall’attuale legislazione europea. Secondo gli autori della ricerca: “I risultati suggeriscono un effetto del particolato anche per concentrazioni al di sotto dell’attuale limite annuale europeo di 25 µg/m3 per il PM2,5. L’Organizzazione mondiale della sanità propone del resto come linea guida 10 µg/m3 e i nostri risultati supportano l’idea che avvicinandoci a questo target si potrebbero raggiungere grandi benefici per la salute delle persone”.

Sullo stesso numero della rivista Bmj, in un editoriale di presentazione, si afferma che “nonostante questo risultato dell’effetto sugli eventi cardiaci anche a bassi livelli di inquinamento, quasi il 90% della popolazione mondiale vive in luoghi al di sopra delle linee guida dell’Oms”. I risultati dello studio possono essere utilizzati per le valutazioni di impatto sulla salute, finora basate solo su stime prodotte da studi condotti prevalentemente in Nord America.

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