Disturbi alimentari, in crescita la “vigoressia”
Anche i teenager maschi ossessionati dal fisico

di valerio droga | 28 gennaio 2014 | pubblicato in Prevenzione
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Anoressia e bulimia sono stati finora le patologie tipiche delle ragazze in età adolescenziale, sembrava che i coetanei maschi ne fossero immuni, e invece non è così. Sono sempre di più, infatti, i ragazzi ‘fissati’ col peso e con la definizione muscolare. Questo fenomeno, per altro, si accompagna all’assunzione di sostanze pericolose, come integratori, ormoni della crescita e steroidi, senza parlare di diete ferree fai-da-te.

Quella che poteva finora essere solo una percezione, già denunciata da molti psicologi, è confermata da un’indagine che ha coinvolto 5.527 teenager americani, svolta dal Children’s hospital di Boston e pubblicata su Jama pediatrics. Ne emerge che i ragazzi preoccupati per il proprio peso e l’aspetto fisico sono il 17,9 per cento. Chi si concentra sui muscoli consuma integratori e ormoni due volte di più rispetto agli altri ed è anche più predisposto al consumo di alcolici, il che è paradossale se si considera che l’alcol non solo non stimola la massa muscolare ma ingrassa senza però fornire l’energia per alimentare lo sforzo fisico. I ragazzi ossessionati dalla bilancia, invece, sono più soggetti a depressione, anoressia e bulimia nervosa, come si legge nella ricerca, e probabilmente al cosiddetto binge eating disorder, ovvero la fame compulsiva, in forte aumento in questi anni.

Il problema non riguarda però soltanto i ragazzi d’oltreoceano, ma anche in Italia il fenomeno è in crescita: il 9,2 per cento dei maschi è preoccupato per i muscoli, il 2,5 per il girovita, mentre il 6,3 per cento più in generale per l’aspetto. Come spiega infatti Andrea Vania del dipartimento di Pediatria e neuropsichiatria infantile dell’università La Sapienza di Roma, “il principale disturbo di condotta alimentare dei giovani maschi italiani è il complesso di Adone, detto anche vigoressia o bigoressia, ovvero la fissazione di voler diventare più vigorosi e muscolosi. Mentre per anoressia e bulimia ci sono test diagnostici precisi, ancora non ce ne sono di ampiamente accettati per questi nuovi problemi”.

Come spiega Matilde Vigneri, docente e presidente del Centro di psicoanalisi di Palermo, l’origine storica e sociale di anoressia e bulimia alimentare, che finora hanno tipicamente colpito la popolazione adolescenziale femminile, è da individuare nel movimento femminista, che ha messo in crisi il modello materno: le donne, per riscattarsi socialmente dopo secoli di repressione, hanno ricercato la propria rivalsa nel successo sul lavoro, rinunciando alla propria corporeità e sensualità, facendo mancare ai figli quell'”accudimento tattile” che aiuta a far crescere.”Si è creato così un vuoto – afferma Vigneri – generando un io acorporeo, ascetico, come nel caso dell’anoressia, o un io pur sempre narcisistico ma in cui il cibo diventa cosa, oggetto da divorare, facendone perdere il valore simbolico e spirituale“, ecco la bulimia. Le emozioni diventano il nuovo tabù, segno di debolezza e dunque da rifiutare per farsi strada sulla scala sociale. L’adolescenza si è quindi allungata all’infinito, i “vecchi-ragazzi” vi rimangono prigionieri, senza mai trovare liberazione nella maturità. Il fenomeno, ripercuotendosi in almeno due generazioni successive, in questi ultimi anni si è aggravato ulteriormente.

Vigneri ha poi correlato il comportamento alimentare con quello sessuale: “Simmetricamente si registra in questi ultimi anni un fenomeno in cui, per lo più, sono gli uomini a venire colpiti e che agisce però prevalentemente sulla sfera sessuale”. La maggior parte dei pazienti sono professionisti, docenti universitari e uomini d’affari, che raggiungono successo nella propria carriera ma che sono fallimentari sul piano familiare e sentimentale. Si portano dietro spesso carenze affettive dovute all’assenza della figura paterna, non tanto dal punto di vista fisico quanto piuttosto simbolico: in questi ultimi decenni è crollato il modello di padre, inteso come guida e punto di riferimento, pilastro di saggezza e di esperienza, ridotto anch’egli a un eterno adolescente a “caccia” di nuove esperienze: si è avuto anche qui un ‘vacuum’, quello che in Oriente chiamano ‘void’, un vuoto incolmabile che ha tranciato il filo di congiunzione maestro-allievo tra le generazioni e, al tempo stesso, la possibilità di evoluzione personale, “riducendo le persone a una popolazione di orfani, a una misera fratellanza“.

Tutto ciò si sarebbe tradotto in quella che Vigneri chiama “bulimia sessuale“, ovvero una spasmodica e mai soddisfatta ricerca di piacere fisico, una ‘fame’ compulsiva che non trova mai pace né appagamento, in cui perfino le fantasie sono sostituite dalla “protesi artificiale” delle immagini pornografiche prestate dal web, in cui la “caccia” di nuove esperienze sempre più perverse e l’autoerotismo si sostengono a vicenda in un circolo vizioso da cui è sempre più difficile riemergere, fino a una castrazione di sentimenti ed emozioni, un’impotenza sentimentale che culmina spesso nell’impotenza sessuale. Il problema non riguarda ancora la popolazione adolescenziale, anche se probabilmente è lì che affonda le sue radici, quando cioè si ha più bisogno del passaggio di testimone dell’esperienza paterna, ma l’età di esordio tende ad abbassarsi progressivamente e in modo preoccupante.

“Tutti questi disturbi – chiarisce Lia Iacoponelli – derivano da una scissione sociale e, di conseguenza, anche interioreLa società ci vuole magri, muscolosi e atletici ma ci propina al tempo stesso cibi che sono dannosi sia alla salute che alla forma fisica“. Del resto, forse non è un caso se fra le industrie che fanno maggiori affari ci siano quella alimentare e quella del benessere, “alimentandosi”, è il caso di dire, a vicenda. Se all’origine di questi disturbi vi è una scissione, la causa principale sembra da ricercarsi in una sola parola, “l’amore“, come afferma Iacoponelli, deficitario in particolare nelle cosiddette “relazioni primarie di attaccamento“, che si declina poi in mancanza di amore per se stessi e per gli altri, nell’incapacità di ricevere e di darsi reciprocamente.

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